Codice monitoraggio

mercoledì 13 maggio 2020

Il disappunto di Castellacci: "Un medico non è un eroe, ma un professionista”



Usa parole di fuoco Enrico Castellacci, presidente dell'Associazioni dei Medici di Serie A, dopo che il comitato tecnico-scientifico ha dettato la linea per la ripresa degli allenamenti collettivi. Punto controverso per l'ex medico della Nazionale è la responsabilità penale per l'attuazione del protocollo di sicurezza che andrà a ricadere propri sui medici sportivi. "Un medico non è un eroe, ma un professionista serio e si assume le proprie responsabilità. E' da tempo che continuo a ripetere che il medico del calcio è l'anello debole della catena, che non ha un contratto depositato in Lega. L'unica figura poco tutelata, o per niente. Il paradossale è che la figura più debole si ritrova ad essere la figura fondamentale e la più critica".

Era ovvia questa responsabilità sul medico del calcio, l'assenza dell'associazione L.A.M.I.C.A all'interno della Federcalcio è assurda. È ovvio che dovranno essere fatte delle verifiche, abbiamo già allertato i legali della nostra associazione perché facciano le loro osservazioni dopo aver letto i protocolli». Perché, in questo caso, un errore o un incidente rischierebbe di avere anche serie conseguenze penali. «Ho già ricevuto molte lettere di colleghi dalla Serie B che minacciano le loro dimissioni in caso non venisse rivista la questione della responsabilità, che diventa una responsabilità penale». I club si devono assumere le loro responsabilità, bisogna nominare dei medici competenti che vanno associati ai medici del calcio nel rispettare le linee guida".

Sulla quarantena: "Si crea un grosso handicap, se si fosse seguito il modello tedesco sarebbe stato più semplice. Avremmo messo in isolamento il giocatore contagiato, fatto i tamponi necessari e fatto riprendere gli allenamenti. Qui si pensa alla riapertura del campionato, non escludendo una prossima chiusura. Una volta che si iniziano le trasferte, il pericolo di contaminazione è più alta, basta un solo giocatore e si blocca il campionato. Crea delle perplessità non indifferenti sulla vera volontà di ripartire".

I medici sportivi non si sentono in alcun modo esperti di virologia ed epidemiologia, il coronavirus che ha travolto il mondo e il conseguente rischio contagi anche tra i calciatori, quindi, rappresenta un problema enorme anche per loro: «I club si devono assumere le loro responsabilità, bisogna nominare dei medici competenti che vanno associati ai medici del calcio nel rispettare le linee guida - sottolinea ancora Castellacci - È una situazione difficile da valutare con molta attenzione».

Le linee guida volute dal Comitato e dai ministri della Salute e dello Sport, Speranza e Spadafora, prevedono anche la quarantena immediata per tutta la squadra (ed eventualmente gli ultimi avversari) qualora un calciatore risultasse positivo. Quindi quindici giorni senza partite, tra l'altro in un calendario iper compresso e già abbondantemente rimaneggiato: «Si crea un grosso handicap, se si fosse seguito il modello tedesco sarebbe stato più semplice. Avremmo messo in isolamento il giocatore contagiato, fatto i tamponi necessari e fatto riprendere gli allenamenti. Qui si pensa alla riapertura del campionato, non escludendo una prossima chiusura. Una volta che si iniziano le trasferte, il pericolo di contaminazione è più alta, basta un solo giocatore e si blocca il campionato. Crea delle perplessità non indifferenti sulla vera volontà di ripartire», è l'analisi dell'ex medico azzurro.




venerdì 27 marzo 2020

Calcio. Stipendi da tagliare o no?



I presidenti della Serie A hanno ventilato l'ipotesi taglio degli stipendi ai propri calciatori dopo lo stop legato al coronavirus. Ma è davvero possibile? Servirebbe una manovra comunque, e tra le varie associazioni di categoria l'apertura, sulla carta, è molto tiepida.

I primi conti stimano una perdita minima da 160 a 200 milioni, fino ad un massimo di 600-700 milioni nel caso in cui la stagione non terminasse. Per questo, dopo aver ottenuto dal governo una sospensiva sui contributi da versare a fine marzo, si discute di tagliare una percentuale dello stipendio dei calciatori, per ripartire il danno tra le varie componenti.

La Serie A si è già espressa da questo punto di vista. O per lo meno ha iniziato a farlo. Durante la riunione sindacale dell’altro giorno le società di Serie A hanno prospettato ai giocatori la possibilità di un taglio degli stipendi per i calciatori.

Damiano Tommasi, presidente AIC, non si è ancora sbilanciato: «Abbiamo interesse che l’equilibrio economico venga preservato. Valuteremo tutti gli elementi, mancati introiti, rinvii, cancellazioni, i contributi governativi e internazionali ricevuti: tutti questi ci diranno quale sarà il ruolo dei calciatori».

L'Aic di Tommasi sta cercando di trovare una soluzione alla crisi: i giocatori hanno dato l'ok alle ferie e saranno pronti a tornare in campo anche fino a luglio inoltrato

Tagliare l'ingaggio ai calciatori. La Serie A è ferma, il pianeta calcio in perdita, i presidenti italiani ci pensano, mentre all'estero c'è già chi ci ha pensato, come Lione, Amiens e Bordeaux che garantiranno il 70% dello stipendio ai propri dipendenti, calciatori compresi, o come il Monchengladbach, dove sono stati gli stessi giocatori ad abbassarsi la paga per andare incontro anche al personale sotto contratto coi tedeschi. In Spagna, invece, è toccato a Messi, il più pagato al mondo, e soci.

"Siamo consapevoli che quello inerente i contratti sia un tema da affrontare, ma non adesso. Prima vanno quantificati i danni e questo procedimento è possibile solo quando sapremo se la stagione finirà o no. Il problema del taglio degli stipendi va posto a tempo debito" le parole di Damiano Tommasi, presidente dell'Assocalciatori. Ma quali sono i giocatori che prendono di più in Serie A?

Il consiglio direttivo dell’associazione presieduta da Damiano Tommasi è composto da 24 persone che rappresentano la Serie A, la B, la C, i dilettanti, il calcio femminile e il calcio a 5. I nomi più famosi tra i consiglieri sono quelli dei nazionali Chiellini e Acerbi, di Ranocchia, Marchetti, Rossettini, Biondini, Pasqual ed Evacuo. L’unico tema all’ordine del giorno è quello relativo al Coronavirus e alle conseguenze che lascerà. Sono previste le relazioni da parte di Tommasi e degli altri membri Aic che hanno partecipato ai tavoli di lavoro in Lega la scorsa settimana, poi inizierà il dibattito. Dal consiglio emergerà un orientamento sulla ripresa sia degli allenamenti (non prima del 4 aprile in nessun caso; piuttosto c’è il rischio che si slitti ulteriormente se la situazione non migliorerà) sia del campionato (quando ci saranno le condizioni sanitarie; nessun rischio per i giocatori), ma sarà più complicato decidere qualcosa sul tema più caldo, quello dei tagli agli stipendi che le società caldeggiano.

Realizzabilità concreta però ancora tutta da analizzare. Prima di tutto le società avranno di che risolvere tutte le posizioni contrattuali che andranno oltre il 30 giugno, in attesa chiaramente anche di una mossa comune, magari dettata dalla FIFA, visto il problema globale. Poi, certamente, si potrà provare a valutare questo aspetto che al momento resta solo un’ipotesi.




sabato 15 febbraio 2020

Fair Play stangata sul City




Il Manchester City è stato escluso per due stagioni dalla Champions League. La Uefa ha sanzionato il club inglese per ''gravi violazioni'' relative in particolare al Financial Fair Play. La società è stata anche condannata al pagamento di una multa di 30 milioni di euro. I citizens non avrebbero rispettato le norme tra il 2012 e il 2016, 'macchiando' i bilanci con sponsorizzazioni gonfiate. La società, inoltre, non avrebbe nemmeno offerto la propria collaborazione nell'indagine.

In una nota il Manchester City si dice "deluso ma non sorpreso" dalla decisione dell'Uefa e annuncia che ricorrerà al Tas di Losanna. Un'eventuale conferma della sanzione con ogni probabilità avrebbe effetti anche sul futuro di Pep Guardiola: il tecnico, senza la possibilità di giocare la Champions, pare destinato a chiudere la propria avventura al City.

La sanzione con cui la Uefa ha escluso ufficialmente la squadra dalla Champions League per 2 anni ha avuto un impatto devastante sul club, sui giocatori e sul mercato, tanto inglese quanto internazionale. I rumors in queste ore si susseguono, sempre più fragorosi: da Guardiola ai suoi top player tutti possono lasciare. E lo stesso Pep, dicono in Inghilterra, è scioccato e preoccupato per il possibile esodo. I Citizens saranno fuori dalla Champions per le prossime due stagioni e riceveranno una multa di 30 milioni di euro a causa delle infrazioni sulle regole del Fair Play Finanziario, ma potrebbe non essere finita qui.

Il Club, si legge, "ha sempre anticipato il bisogno ultimo di cercare un organo indipendente e un processo per considerare in modo imparziale l'intero corpus di prove inconfutabili a sostegno della sua posizione". Nel dicembre 2018, il capo investigatore dell'Uefa, sottolinea il Manchester City, "ha presentato in anteprima pubblicamente l'esito e la sanzione che intendeva infliggere al Manchester City, prima ancora che fosse iniziata qualsiasi indagine. Il successivo processo Uefa, imperfetto e costantemente trapelato, ha lasciato intendere ci fossero pochi dubbi sul risultato che avrebbe prodotto" il processo.

Il Club, si legge ancora, "ha formalmente presentato un reclamo all'organismo disciplinare dell'Uefa, un reclamo che è stato convalidato da una sentenza Cas. In poche parole, questo è un caso avviato dalla Uefa, perseguito dalla Uefa e giudicato dalla Uefa. Con questo processo pregiudizievole ormai terminato, il Club cercherà un giudizio imparziale il più rapidamente possibile e quindi, in primo luogo, avvierà il procedimento con il Tribunale Arbitrale per lo Sport il prima possibile".



domenica 4 agosto 2019

Il Nantes vuole Gattuso




Secondo Presse-Ocean e 20 Minutes il club transalpino corteggia l'ex milanista dopo l'improvviso addio ad Halilhodzic: il tecnico, dubbioso, si è preso due giorni per rispondere

 Dopo l’improvvisa rottura con il tecnico bosniaco Vahid Halilhodzic, maturata due giorni fa, il Nantes sta corteggiando Gennaro Gattuso per la panchina. Secondo le testate francesi Presse-Ocean e 20 Minutes, l’ex allenaotre del Milan è in cima alla lista dei desideri del club transalpino, dodicesimo nell’ultima Ligue 1.
Gattuso, incerto se accettare l’offerta, si è preso 48 ore di tempo per decidere. Secondo 20 Minutes però difficilmente Ringhio risponderà positivamente alla proposta del Nantes.

 Gennaro Gattuso non ripartirà dalla Ligue 1 e, nello specifico, dalla panchina del Nantes (allenato nel 2017-2018 da un altro italiano, Claudio Ranieri). Secondo un'esclusiva dell'Equipe, infatti, l'ex allenatore del Milan avrebbe rifiutato l'offerta del club francese di sostituire Vahid Halilhodžić, prossimo alla partenza dopo aver rescisso il contratto. Il carattere e il carisma di Gattuso avrebbero colpito molto il presidente del Nantes Waldemar Kita, ma il tecnico calabrese, dopo essersi preso alcune ore per decidere, ha declinato la proposta. Ringhio, dunque, rimane in attesa di altre offerte dopo l'addio al Milan dello scorso maggio.

domenica 5 maggio 2019

70 anni fa Superga, il Grande Torino mito per sempre



Alle 17:03, il Fiat G.212 della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE con a bordo l'intera squadra del Grande Torino si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della Basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese. Trentuno i morti. La squadra rientrava da Lisbona: aveva giocato un’amichevole con il Benfica. È l’avvenimento passato alla storia come Tragedia di Superga, avvenuta il 4 maggio 1949 a Torino. Cancellò la squadra degli «Invincibili» e segnò per sempre il mondo del calcio.

Settanta anni esatti sono passati da quel terribile schianto ma per i tifosi granata l'emozione, il dolore e l'orgoglio per il Grande Torino non invecchiano. Prima di tutto ci sono sempre loro, gli 'Invincibili'. E ogni 'vecchio cuore granata' è pronto al ricordo che non è mai un semplice rito.

"Il 4 maggio è un giorno intoccabile - ha ribadito Walter Mazzarri, il tecnico che ha riportato il Toro alle soglie dell'Europa - non solo per chi ha fede granata, ma per tutta l'Italia". E' la giornata delle celebrazioni per i 70 anni di Superga.

Presente tutto il popolo granata, con il corpo o con il cuore. A tutti era rivolto il messaggio di don Robella: «Il Grande Torino era come un vaso bello. Chissà cosa c’era dentro... Bel gioco, amicizia, valori grandi. E nel mezzo arriva la tragedia di Superga ed ecco che resta del vaso, di tanta bellezza: cocci, sogno infranto, dolore, lacrime».

«Consapevolezza che quello che è stato rotto non può essere rimesso insieme, la morte rompe queste cose e noi non possiamo rinascere. Noi come persone e non potrà rinascere quella squadra. Ma noi abbiamo qualcosa di più grande, se non possiamo rinascere possiamo risorgere: vuol dire tornare in vita in maniera nuova, paradossalmente più grandi».

«I cocci - ha proseguito don Robella - rinascono conservandoli e portandoli nel cuore. Tutto il popolo granata li conserva, i parenti, tutti coloro che hanno pianto. C’è storia, lacrime. Il Toro deve farsi portatore di questi valori, la società, la squadra, lo staff tecnico, tutti hanno un pezzo nel cuore di quella squadra. Che appartiene a chi conserva la memoria e la vuol far tornare grande. Un pezzo del caso è consegnato anche ai tifosi, a quel popolo che tutti giorni lotta, spera, piange, coloro che ogni giorno condividono questa speranza, anche ai bambini. Un pezzo a testa, ricomponiamo il vaso, che viviamo e diventa nostro, parte di noi».

«Non dobbiamo dimenticare, nessuno è esclusivo portatore, solo insieme si può ricostruire, soltanto senza divisioni, soltanto insieme allora ricostruiremo quel miracolo». Tutti insieme, in ogni piccolo gesto. Come quello di non negare ai bambini presenti vicino alla squadra un sorriso, una firma, una parola. Walter Mazzarri soprattutto è stato cercato dai piccoli «nani granata», come li ha chiamati proprio don Robella. In questo 4 maggio, anche così si ricostruisce quel miracolo. E la marcia ora può continuare a Superga, dove leggere e urlare il nome degli Invincibili e di tutti i caduti, un passo più vicino al cielo.

Per chi ha vissuto l'epopea del Grande Torino e la sua terribile fine, l'emozione è sempre forte: "Non potrò mai dimenticare quella mattina così triste, con quei tuoni spaventosi che lasciavano presagire qualcosa di brutto poi alla sera si è saputo che il Torino non c'era più. Che dolore immenso! Lavoravo in via Roma come vetrinista, il giorno dei funerali mi affacciai alla finestra con sgomento per vedere passare il funerale, quell'interminabile sfilata di camion con le bare dei giocatori". Ricordare il Toro degli Invincibili rinnova il dispiacere, ma ravviva anche ricordi di semplicità e romanticismo persi: "Andavamo in bici a vedere gli allenamenti al Filadelfia e ci trovavamo all'oratorio per seguire alla radio le partite, dal momento che pochi avevano gli apparecchi in casa. Ma c'era un problema - sorride Brocchetta - a quel tempo a Torino erano tutti tifosi granata, era difficile riuscire a organizzare una sfida tra noi ragazzi con quelli della Juve...". Ventisette anni dopo Superga, la gioia dell'ultimo scudetto, "del Toro di Pulici e Graziani, allo stadio con mio figlio, diventato anche lui un grandissimo tifoso, e con una famiglia di amici". Adesso Brocchetta il Toro lo vede "solo in tv, anche un po' per pigrizia - ammette - ma questa squadra è tornata a far paura a tutti".

Come dovrebbero fare sempre - pensano i cuori granata - gli eredi degli Invincibili.

Tra le iniziative editoriali che hanno accompagnato questo settantesimo anniversario della tragedia, il volume di Giuseppe Culicchia edito da Solferino «Superga 1949» in cui l’autore racconta come il Grande Torino era da tempo al di sopra del tifo campanilistico - circostanza oggi impensabile - in quanto un orgoglio per tutti gli italiani e il simbolo della rinascita di un Paese uscito distrutto dalla guerra.

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domenica 14 aprile 2019

Gattuso ha bacchettato Kessié e Bakayoko



Il sottosegretario con delega allo sport Giancarlo Giorgetti attacca Kessie e Bakayoko, rei di aver sbeffeggiato Acerbi al termine di Milan-Lazio esponendo la sua maglietta: "Lo sport è sana competizione, è correttezza e lealtà. Mostrare la maglia di un altro giocatore per sbeffeggiarlo è prima di tutto un gesto stupido, inqualificabile, indegno dei valori dello sport e anche della maglia che indossano - riporta Ansa - Mi auguro che vengano presi i giusti provvedimenti per stigmatizzare quello che è accaduto".

Due rigori in 30 secondi, l'accusa di Tare dopo Milan-Lazio è pesante: ce lo aspettavamo. In settimana non si è parlato d'altro a Roma: di come le lamentele del Milan post-Juve avrebbero complicato la gara all'inverosimile per Rocchi. Partiamo da qui: Rocchi ha in canna il rigore, ne dà subito uno che nemmeno nei peggiori bar di Caracas, riuscendo a vedere con gli infrarossi un tocco di braccio che nemmeno il VAR più spudorato ha potuto avallare. Per correttezza estrema è perfino andato a vederlo, per sicurezza si è anche chiarito con Gattuso. Durmisi commette una leggerezza, ovvio, nell'azione dopo: non ha capito che qualsiasi cosa successiva in area sarebbe diventato rigore, in un momento molto delicato, come ha candidamente ammesso un uomo di campo come Guidolin, in commento tecnico. E così è stato: ma non è stato così su Milinkovic.

Già, perché Rodriguez lo tocca in area, in quella che, va detto, è stata una battaglia furibonda. E Rocchi non l'ha visto, non l'ha voluto rivedere e su DAZN un costernato Guidolin per cinque secondi cinque ha perfino candidamente ammesso che il contatto c'era. Ma oramai Rocchi era scarico, andata così. La gara si è giocata sul filo di lana, la Lazio avrebbe preferito perderla per un tocco di classe. Non va così a Milano: dopo il fallo di mano di Cutrone, non visto, stavolta è apparso un fallo di mano sulla via di Damasco, pardon, di Rocchi. L'apparizione lo ha folgorato. Diciamolo con forza, proprio noi: stavolta il VAR ha evitato a Rocchi di finire sulle prime pagine di tutti i giornali per un colossale abbaglio.

Il discorso sull'arbitro, che ha comunque diretto una gara tesissima, pesantissima, giocata ad alta intensità lo chiudiamo: perché la Lazio, dopo due gare decisamente indecorose, ha tirato fuori anima, gambe, coraggio, determinazione. Questa squadra merita almeno di giocarsela fino alla fine: non so se ce la farà, probabilmente rimarrà tutto aperto, tutto dipenderà dal famoso recupero contro l'Udinese. La furibonda rissa finale fa capire che il ritorno di Coppa Italia ci vorrà molta camomilla per viverlo con un minimo di raziocinio. Quello che la Lazio ha avuto per tutta la partita: ha atteso e provato a colpire, coperto bene e macinato occasioni. Nel primo tempo le migliori palle gol le ha la Lazio, nel secondo la stanchezza ha un po' abbassato i ritmi e le idee. Qualcuno dice che la Lazio si è strozzata con un mercato brodoso: Durmisi, l'uomo del match, doveva sostituire Lulic nelle idee di Tare. Sostituirà qualcun altro, l'anno prossimo, a qualche altra latitudine, se Dio vuole. Il Milan quanto ha speso a gennaio? La Lazio? Questo fa tanto, eppure ogni volta che le due squadre si incontrano io non riesco a dire che questo maxi-mercato si veda.  La Lazio doveva vincerla nel primo tempo: ha sprecato troppo, in Serie A, in questo momento della stagione, una palla-gol sbagliata può fare la differenza. La Lazio ha fatto quello che doveva, con forza. Poi possiamo parlare per ore del fatto che l'uscita dal campo di Correa ha tolto profondità, imprevedibilità alla Lazio. Che senza "il Tucu" perde troppo: tecnica, capacità di girare veloce, di alzare all'improvviso le marce. Non vedo e non riesco mai a vedere una superiorità evidente nel Milan, o dell'Inter l'anno scorso. Quindi potrebbe benissimo andare in Champions. Non vedo superiorità, se non nella pochezza di certi gesti: de Vrij annunciato a pochi giorni dal match contro la Lazio, Kessie che mostra la maglia di Acerbi, un ex Milan, allo stadio, dopo avergliela chiesta. Peccato, occasione sprecata di fare una bella figura: il Milan non può essere elegante, non può concedersela. Questo è il duro mondo del calcio bellezza: bisogna far quadrare i conti, in qualsiasi modo, il resto, comportamenti compresi, contano poco. Forse in Champions il Milan ci potrà anche andare, ma l'eleganza i 50 milioni del quarto posto non la possono comprare.

L’allenatore del Milan in conferenza stampa subito dopo il match di San Siro vinto contro la Lazio, ha bacchettato Kessié e Bakayoko, rei di aver festeggiato con la maglia di Acerbi sotto la curva rossonera. “Bisogna chiedere scusa, queste cose non si fanno. E’ arrivato il momento di mettere fine a certe cose, perché questa è una storia nata una settimana fa: si smanetta troppo sul web e un professionista deve usare meno possibile i social network e concentrarsi a fare un'ora, due di allenamento in più piuttosto che stare 4-5 ore a settimane sui social. Bisogna solo chiedere scusa", le parole di Rino Gattuso.

Una polemica iniziata sui social nei giorni di vigilia del match e proseguita subito dopo il triplice fischio finale di Milan-Lazio. “Sui singoli non c'è paragone, siamo più forti e andiamo a San Siro per vincere", le parole di Acerbi. "Ok, ci vediamo sabato", la risposta di Bakayoko con un simpatico tweet (accompagnato da un emoji per sottolineare il tono amichevole). A fine gara, lo scambio di maglia tra i due protagonisti. Tutto finito? No, anzi. Perché nell’esultanza post partita sotto la curva rossonera, Bakayoko e Kessié espongono la maglia di Acerbi come una sorta di trofeo. “Sono dispiaciuto perché ho scambiato la maglia per mettere fine alla questione, fomentare odio non è sport ma un segno di debolezza", il messaggio social del difensore della Lazio subito dopo l’accaduto.

martedì 26 marzo 2019

Italia, le nazionali Under volano all'Europeo



Un doppio traguardo, tutto da festeggiare. L'Italia del calcio torna a sorridere, un anno dopo aver conquistato (e perso) le finali dell'Europeo Under 17 e Under 19, rispettivamente contro Olanda e Portogallo, le selezioni giovanili ritrovano le rispettive fasi finali del torneo continentale. Lo fanno vincendo i rispettivi gironi, lo fanno attraverso il bel gioco, proprio come vuole la Federazione. Dopo anni bui, a inseguire, a vedere le altre nazionali crescere e centrare risultati importanti, il calcio italiano è tornato a mettere avanti la testa. E' tornato a renderci orgogliosi, a essere temuto. Da maggio a luglio ci giochiamo l'Europeo con Under 17, Under 21 e Under 19, è arrivato il momento di alzare un trofeo.

Giornata da ricordare per il calcio italiano, con le giovanili azzurre che hanno centrato uno storico en plein. L'Under 19 batte la Serbia e vola alla fase finale dell'Europeo, che si svolgerà in Armenia dal 14 al 27 luglio. La qualificazione dei ragazzi di Guidi si aggiunge a quella dell'Under 21 (paese ospitante dell'Europeo del prossimo giugno) e dell'Under 17 (già qualificata per la fase finale in Irlanda e vittoriosa contro l'Austria), oltre a quella dell'Under 20 al Mondiale del prossimo maggio.

Ottanta minuti di tensione, prima di liberare la festa-qualificazione. La Nazionale di Guidi stacca il pass per l'Armenia, battendo la Serbia dopo un match tirato e logorante sul piano mentale, con gli azzurrini che hanno avuto il merito di mantenere i nervi saldi malgrado il risultato dell'altro match che li avrebbe visti eliminati per buona parte del pomeriggio. Dopo un primo tempo senza acuti, al netto della grande chance per Riccardi al 41', l'Italia aumenta i giri in avvio di ripresa: Bellanova prima viene fermato dall'uscita bassa del portiere serbo, poi gira di un soffio a lato di testa su cross dalla destra di Fagioli. Guidi si gioca le carte Merola e Piccoli, e al 69' gli azzurri costruiscono una clamorosa chance per il vantaggio: pallone sul palo dopo una carambola impazzita, sulla respinta si avventa Piccoli che centra ancora il montante. La porta serba sembra stregata quando anche Merola consegna tra le braccia del portiere un colpo di testa non impossibile, ma all'80' l'interista trova la giocata che sblocca la partita: corridoio per Piccoli, che fredda Gordic sul primo palo e avvicina gli azzurri all'Europeo. La certezza del pass per la fase finale arriva all'82': ancora Merola, Gordic si salva ma non può nulla sul tap-in del solito Piccoli, che si guadagna la copertina della qualificazione azzurra. L'Italia vola in Armenia: dal 14 luglio ci saranno anche gli azzurrini a dare la caccia all'Europeo Under 19.

La nazionale di Nunziata ha dato una prova di forza, vincendo il suo gruppo con tre vittorie in altrettante partite, 9 gol fatti (con sette marcatori diversi) e 1 solo subito. Dopo il successo 2-0 contro la Turchia, all'esordio, sono arrivati il 3-0 alla Romania e il 4-1 all'Austria. In Irlanda, dal 3 maggio, lotteremo per il titolo.

Gioco e attributi sono state le chiavi del cammino degli Azzurrini di Guidi. La qualificazione è arrivata solo nell'ultima giornata, con il 2-0 alla Serbia griffato dalla doppietta di Piccoli e dal contemporaneo ko del Belgio, 5-2 contro l'Ucraina, ma i segnali erano già stati positivi nel 2-2 dell'esordio con il Belgio e nella vittoria in rimonta 3-1 contro l'Ucraina. In vista della fase finale in Armenia, in programma a luglio, bisogna collaudare qualche movimento difensivo, c'è però il tempo per lavorare.



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