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lunedì 28 marzo 2016

Inghilterra: campionati europei 2016 può essere l'anno buono


La serata di Berlino ha mostrato all'Europa intera che gli inglesi hanno a disposizione un duo di attaccanti davvero formidabile, che può brillare anche a Euro 2016.
Se Wayne Rooney non è certo di arrivare in Francia in buone condizioni, non si può dire che le alternative in attacco scarseggino per Roy Hodgson: il vero problema sarà prendere le decisioni importanti e scegliere una volta per tutte un undici di base.

L'Inghilterra che abbiamo visto contro la Germania ha impressionato un po' tutti. Rimontare 2 gol in casa dei campioni del mondo non è impresa facile. L'Inghilterra degli ultimi 20 anni è una delle più grandi delusioni sportive di sempre: ad ogni competizione internazionale si è sempre presentata tra le favorite, con una rosa piena di giocatore centrali sul panorama mondiale ma, puntualmente, le attese venivano deluse e l'Inghilterra è sempre uscita anzitempo da ogni Mondiale/Europeo. Dal 1990 (quarto posto al Mondiale italiano) ad oggi, il miglior risultato è stata la semifinale persa in casa contro la Germania nell'Europeo del '96. Davvero poco per chi si vanta di aver inventato il calcio. Ieri però hanno messo una pulce nell'orecchio a molti, vediamo perché Francia 2016 può essere "la volta buona".

L'Inghilterra ha sempre avuto rose attrezzate, i giocatori di spicco non sono mai mancati. La generazione d’oro, quella dei vari Lampard, Scholes, Beckham, Gerrard, Terry e Owen si è però ormai conclusa, lasciando un grosso amaro in bocca. La nazionale inglese di oggi è del tutto rivoluzionata rispetto al passato, con giocatori giovani.

Il problema di tutti gli allenatori che si sono susseguiti alla guida della nazionale dei tre leoni è stato quello di creare un vero gruppo attorno a tanto talento. Mettere insieme grandi giocatori non basta se non accompagnato da uno spirito di squadra. In tutte le competizioni del passato, la nazionale inglese non ha mai saputo reggere la pressione esterna dei media e si è sempre sciolta alle prime difficoltà, arrendendosi ad un destino infausto. Ieri invece la squadra di Hodgson è stata capace di rimontare due gol ai campioni del mondo, ha mostrato grande qualità di gioco nel primo tempo e grande temperamento nel secondo. Ottimi presagi che seguono una fase di qualificazione praticamente perfetta, conclusa a punteggio pieno e con soli 3 gol subiti. Un gruppo unito e compatto, un gruppo di coetanei che ha voglia di spaccare il mondo.

Fra le motivazioni dei fallimenti degli ultimi anni si è sempre pensato anche alle troppe partite del campionato inglese, che fanno arrivare i giocatori logori alle competizioni per nazioni. Il calendario non è cambiato, non sono diminuite le partite ma ci sono delle piccole differenze rispetto al passato, legate soprattutto al percorso europeo dei club d'Oltremanica: in Champions League l'unica superstite è il Manchester City, che offre alla Nazionale i soli Hart e Sturridge, tra l'altro infortunato. Il Tottenham, che fornisce un blocco considerevole di giocatori, è già fuori da tutte le competizioni extra campionato. Stesso discorso per il Manchester United (replay con il West Ham a parte), mentre il Liverpool ha l'Europa League da sfavorita contro il Borussia Dortmund. Il finale a livello emotivo della Premier sarà sicuramente importante, ma per una volta il minutaggio nelle gambe potrebbe essere inferiore rispetto al passato. Anche in questa chiave, la freschezza giovanile della rosa può venire incontro a Hodgson.

Hodgoson non è un rivoluzionario, la sua Inghilterra, vista anche nelle qualificazioni, è una squadra compatta e ordinata, che difende con attenzione per poi lanciare il talento dei suoi uomini offensivi. Eric Dier ricorda molto il primo De Rossi, grande potenza fisica abbinata a buona qualità, capace di fare da schermo alla difesa. Ai suoi lati nel 4-3-3 tipo ci sono Henderson o Barkley, entrambi capaci di fare le due fasi e soprattutto Dele Alli, il vero jolly capace di spaccare le partite con le sue accelerazioni. Davanti il talento è tanto, Harry Kane è la punta che non si vedeva dai tempi di Shearer; Welbeck, Sturride, Sterling, Walcott e Lallana i nomi per affiancarlo, con il "working class hero" Jamie Vardy in panchina, uno che entra e si inventa un gol di tacco splendido come quello di ieri sera. Si aggiungono due terzini in grado di spingere e difendere (Clyne e Rose) e due centrali non fenomenali ma affidabili come Cahill e Smalling. I portieri (Hart, Buttland e Forster) sono tutti all'altezza della situazione. Non dimentichiamo Capitan Rooney, attualmente infortunato ma uomo squadra e comunque ancora in grado di fare la differenza, magari a partita in corso. Francia, Spagna e Germania hanno ancora qualcosa in più a livello di singoli e di squadra, ma in un Europeo che sembra non avere un favorito assoluto, l'Inghilterra può dire la sua. A 50 anni esatti dall'ultimo, e unico, trionfo internazionale (mondiale del '66), i tre leoni possono tornare a ruggire.

Eric Dier, difensore dell'Inghilterra e del Tottenham, esprime la propria gioia per il successo colto sulla Germania ieri: "Notte meravigliosa, vincere e segnare il primo gol per l'Inghilterra è stato grande! Grazie a tutti per i messaggi", scrive su Twitter.

Jamie Vardy sempre più favola dell'intera Inghilterra: col gol di ieri, il primo, di tacco e ai campioni del mondo, la sua incredibile storia si arricchisce di un altro capitolo. Ecco quanto dichiarato al termine della sfida: "Quando si comincia dalla panchina vuoi essere decisivo e lasciare un segno quando entri, se possibile. Ho cercato di farlo sin dai primi minuti, la squadra era viva e abbiamo continuato fino a vincere la partita. Sul gol Volevo solo far passare la palla vicina al palo e ottenere qualcosa di pericoloso, ho provato col tacco e per fortuna è entrata".

Kane e Vardy, Vardy e Kane; altro che Rooney e Sterling. Se Hodgson riuscirà a sistemare la difesa e darà fiducia a questi ragazzi terribili, l'Inghilterra a Euro2016 non potrà dire la sua solo contro Russia, Galles e Slovacchia ma anche contro squadre di più alta levatura. Sempre ringraziando Claudio Ranieri e il suo piccolo grande miracolo.

Paul Pogba e il caso con Oualid Tanazefti per i diritti d’immagine


Sviluppi importanti nella lunga e dolorosa battaglia per i diritti d'immagine di Paul Pogba. Per scongiurare il protrarsi di una contesa che avrebbe potuto andare in Tribunale, e che rischiava di minare anche lo stato d'animo del centrocampista, con inevitabili conseguenze sulle sue prestazioni, l'attuale agente del giocatore della Juventus, Mino Raiola, sarebbe riuscito a stipulare secondo quanto riferisce 'L'Equipe' un patto riservato con Oualid Tanazefti, vecchio consigliere che segue il francese dai tempi del centro di formazione di Le Havre.

Quindi i diritti d’immagine di Pogba e quell’accordo con Tanazefti renderanno la trattativa legata al centrocampista francese più difficile del previsto. Pogba  uomo di qualità in campo, amato alla follia dei tifosi della Juventus. Dopo un inizio di stagione non facile, Paul Pogba è tornato ad essere quello che tutti conoscevano: eleganza e praticità, assist e gol, giocate di fino e spirito di sacrificio. In Champions League ha risposto presente, andando in gol nella gara più difficile, quella con il Bayern Monaco all'Allianz Arena. Risposta da leader, sul campo. Ma è quello che succede dietro le quinte che oggi cattura l'attenzione della prima pagina dell'Equipe.

Come ha scritto il quotidiano transalpino, Paul Pogba è stato al centro di una battaglia legata ai diritti d'immagine lunga 18 mesi. Il fuoriclasse della Juventus avrebbe pagato 10 milioni di euro, attraverso il suo manager Mino Raiola, per liberarsi da un accordo con Oualid Tanazefti, suo primo consigliere che lo segue dai tempi del Le Havre, a capo di una società con sede in Lussemburgo, per rientrare in possesso dei suoi diritti d'immagine. Una lotta che va avanti da tempo, che sembra essere arrivata al termine. Un accordo con il quale è più facile da cedere, in quanto il club interessato, oltre alla Juventus, avrebbe dovuto pagare quei 10 milioni di euro a Tanazefti.

Se con la Juventus è il solito Pogba, con la Nazionale francese ci sono dei problemi. Le prestazioni non sono le stesse fornite con la maglia bianconera e, secondo L'Equipe, questo è dovuto alla situazione che sta vivendo fuori dal campo. Sempre per il giornale francese, poi, con i diritti d'immagine tornati in mano al francese, in pole per l'acquisizione del suo cartellino ci sarebbe il Chelsea di Antonio Conte, il primo a dare fiducia al francese, che già a gennaio provò, invano, a fare un'offerta da 95 milioni di euro rifiutata dalla Juve.

Tale cifra, secondo 'L'Equipe', sarebbe stata ora versata da Raiola a Tanazefti, titolare di una società con sede in Lussemburgo, per porre fine alla lunga e logorante guerra sui diritti di immagine. In cambio del 'sacrificio' economico, che sarà recuperato in breve tempo dal giocatore e da Raiola attraverso la stipula dell'accordo di sponsorizzazione con Adidas (somma base di 2,5 milioni all'anno per 4 anni), la Juventus, che ne guadagnerà la serenità del francese, le cui ultime prestazioni in Nazionale hanno fatto discutere, garantirà una maggiore 'flessibilità' sul futuro del giocatore, che tornato titolare dei suoi diritti d'immagine, potrebbe ora lasciare Torino in estate.

sabato 26 marzo 2016

Panchina del Milan, Di Francesco: 'Ecco il mio calcio'


Per la panchina del Milan, se dovesse andar via Mihajlovic, la corsa è tra Eusebio Di Francesco e Christian Brocchi. L'allenatore del Sassuolo, che piace anche alla Fiorentina, ne ha parlato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, in cui racconta il suo calcio: "Il mio calcio è palla in verticale, scarico, attacco alla profondità. Lo dico sempre ai ragazzi: due passaggi orizzontali sono già troppi. L’idea di base è la voglia di far crescere i giovani, di insegnare. Poi, il gioco senza palla è importante: il calcio è tempo e spazi. Quei movimenti nei miei allenamenti si ripetono continuamente, la ripetitività è fondamentale. Il 4-3-3? Se subentrassi a stagione in corso mi adatterei. Però se una squadra mi sceglie sa che cosa mi piace, quindi dovrà sposare il mio modo di giocare. Il 4-3-3 ha un solo problema: fai fatica ad andare a marcare il play avversario. Per il resto, è spettacolare. Io in allenamento non lavoro mai su un secondo sistema di gioco.

"Mi piace avere tanti giocatori in zona palla per recuperarla. Io gioco sempre sulla riconquista, noi andiamo a nozze se ci attaccano… Zeman aggrediva in ogni azione, io invece sono difranceschiano: va bene l’aggressione ma non sempre. A volte bisogna temporeggiare. Zeman è l’allenatore che mi ha lasciato di più, era dieci anni avanti, con lui mi divertivo in campo e fuori: è l’unico allenatore che mi ha fatto ridere. La preparazione atletica però non l’ho presa da lui. Facevamo dieci volte i mille metri per quattro giorni di seguito, poi i sacchi sulle spalle, i gradoni… No, voglio troppo bene ai miei ragazzi. In difesa? Il riferimento è la palla, come per Sarri. La difesa si sposta in base a dove si trova il pallone, non alla posizione degli avversari. Poi è fondamentale l’equilibrio: la squadra si muove compatta e, se un terzino attacca, l’altro resta vicino ai difensori centrali. Balotelli con me? (ride, ndr)

Io voglio prima di tutto giocatori predisposti a sacrificio e lavoro di squadra. Se non lavorano tutti insieme, si fa fatica. Il mio attacco? Semplificando, un attaccante va sull’esterno, uno attacca il primo palo, uno attacca il secondo. Le tre punte devono muoversi in maniera coordinata e Berardi nell’interpretazione dei movimenti è il numero uno. E Sansone viene subito dopo. Io voglio attaccanti da uno contro uno, che saltano l’uomo e puntano la porta. Altrimenti, se tutti corrono sulla linea laterale, poi finisce il campo.

Chi non risica, non rosica. Io ai giocatori dico: “se sbagliate, è colpa mia”. Non capisco gli insegnanti dei bambini che urlano “passa, non dribblare”. Così addio nuovi talenti. Il mio nove ideale? Zaza per me è straordinario. Quando era da noi gli chiedevo: “Simone, oggi hai corso in allenamento?”. E lui: “Sì”. Poi gli facevo vedere i dati del Centro Mapei, che le altre società non hanno, e gli dicevo: “Questo livello non basta. Se non migliori, panchina”. E migliorava, perché i dati non mentono, danno una motivazione speciale. Mi piace anche Dzeko, che ora non sta giocando al massimo. Poi Bacca, che attacca sempre la porta e non va mai in giro per il campo. Lui e Berardi possono fare i titolari ovunque, però ora non dite che vado al Milan: mi hanno accostato anche alla Nazionale, fa piacere ma restano chiacchiere".

Mattia De Sciglio non sta certamente vivendo la stagione più felice della sua carriera: nel Milan, dopo qualche prestazione sottotono, ha quasi definitivamente perso il posto da titolare a vantaggio di Abate e Antonelli. In Nazionale ha ritrovato la convocazione da parte del ct Antonio Conte, ma solo in seguito all'infortunio di Giaccherini. Periodo di vacche magre, dunque, che potrebbero anche spingerlo a decidere di lasciare il rossonero, per tentare una nuova avventura in Italia. Il nome sempre caldo, tra le varie pretendenti, è quello della Juventus: il terzino classe '92 resta un obiettivo dei bianconeri per la prossima estate.

Il club bianconero non ha mai fatto mistero di avere un debole per De Sciglio, tanto da effettuare un sondaggio durante la finestra di mercato di gennaio, trovando però un secco 'no' da parte del Milan, che non ha voluto lasciarlo partire: il terzino ha da poco centrato la centesima presenza in rossonero, tanto da essere premiato da Galliani che lo ha definito "un prodotto di origine controllata garantita", un fiore all'occhiello per il settore giovanile del Diavolo nonostante la fortuna alterna degli ultimi mesi. Mihajlovic, dopo aver puntato forte su di lui, lo ha un po' messo da parte, mentre Conte mantiene un debole per il calciatore meneghino, ideale per il suo concetto di 3-5-2 o 4-3-3.

Tifoso della Juve da piccolo, come dichiarato in un'intervista alla Stampa, De Sciglio è arrivato al Milan quando aveva solo dieci anni, ribattezzato subito da tutti come il potenziale erede di Paolo Maldini: recentemente ha ribadito di voler continuare a difendere i colori del Milan, del quale è già stato anche capitano. Ma un ulteriore stagione da trascorrere più in panchina che in campo potrebbe convincerlo a partire, magari per disputare la Champions League a Torino: secondo quanto riporta Milanews.it il suo ex allenatore Massimiliano Allegri, che lo conosce bene e lo stima, avrebbe piacere nel portarlo alla Juve, anche in ottica di un sempre probabile addio di Martin Caceres, sempre più lontano dal rinnovo contrattuale. La sua dote principale è infatti la duttilità, e la capacità di giocare su ambedue le fasce. I prossimi mesi saranno decisivi: De Sciglio alla Juve può essere un affare conveniente per tutti.

Nel corso degli ultimi giorni, uno degli argomenti di discussione tra i tifosi del Milan è stato quello relativo al possibile arrivo di Walter Sabatini nel ruolo di direttore sportivo rossonero. In molti hanno commentato positivamente questa ipotesi di mercato, con il dirigente della Roma che potrebbe andare ad affiancare Adriano Galliani nel mercato, soprattutto in quello dei giovani talenti.

Mourinho il paperone della Premier contratto da da 20 milioni all'anno



Venti milioni di sterline l'anno per tre anni, oltre 75 milioni di euro. Secondo il tabloid inglese Sun sono queste le cifre che il Manchester United avrebbe messo sul piatto per portare all'Old Trafford Josè Mourinho. Lo Special One guadagnerebbe più di Guardiola, che percepirà uno stipendio di 15 milioni di sterline all’anno al Manchester City.

Se vera, sarebbe una cifra monstre, superiore del 25% a quella garantita dal City a Pep Guardiola (15 milioni l'anno). Tale ingaggio farebbe del portoghese l'allenatore più pagato della storia, con l'incarico di riportare lo United ai successi dell'era Ferguson.

Digiuno di partite (di club) ma abbuffata di milioni di sterline in una vigilia pasquale movimentata, almeno oltremanica, dal mercato. Venti milioni di sterline l’anno per tre anni (in totale sarebbero quasi 76 milioni di euro) è l’ingaggio, secondo il tabloid inglese “Sun”, che il Manchester United avrebbe messo sul piatto per portare all’Old Trafford José Mourinho. Se vera, oltre a fare del portoghese l’allenatore più pagato della storia, sarebbe una cifra monstre, superiore del 25% a quella garantita dal City a Pep Guardiola (15 milioni l’anno). Solo ieri, tra l’altro, il “Daily Star” aveva riportato di un’altra follia alla quale sarebbe disposto lo United, che a Zlatan Ibrahimovic avrebbe offerto 24 milioni di sterline di ingaggio complessive per un biennale.

Le presunte anticipazioni di mercato del “Sun”, però, contemplano anche il forte interesse del nuovo Chelsea di Antonio Conte per Romelu Lukaku. Il 22enne belga sarebbe stato indicato dal futuro tecnico dei Blues come la priorità per il reparto offensivo e avrebbe già ricevuto l’ok da Roman Abramovich. Lukaku sarebbe il sostituto ideale di Diego Costa, destinato a fare le valigie, ma a Goodison Park non intendono fare sconti e chiederanno il doppio dei 28 milioni di sterline spesi per prenderlo proprio dal Chelsea nel 2014.


venerdì 25 marzo 2016

Guardiola ringrazia Cruyff: 'Non sapevo nulla di calcio prima di conoscerlo'



Un genio, una leggenda, l'uomo che cambiò la mentalità del Barcellona": così Pep Guardiola, tecnico del Bayern ed ex tecnico del Barça, ricorda in un tweet Johan Cruijff e ancora "Un genio, una leggenda, l'uomo che cambiò la mentalità del Barcellona. Cruijff ha dipinto la cappella Sistina, Rjikaard, Van Gaal ed io abbiamo solo aggiunto qualche pennellata".

Non poteva mancare il ricordo su Johann Cruyff di Pep Guardiola, l'allenatore che più di ogni altro si è ispirato al campione olandese avendolo avuto come tecnico al Barcellona: "Non sapevo nulla di calcio, fino a quando non conobbi Cruyff. Con Johan sapevi che era possibile comandare e dominare il calcio. Quando arrivò nel club, disse: "Seguitemi", e la gente si unì a lui. E quando le cose andavano male, peggio andavano e più lui credeva nelle sue idee", ha dichiarato il tecnico del Bayern Monaco a RAC 1.

Guardiola ha aggiunto: "Ciò che si ricorderà di Cruyff non sono i titoli vinti, ma il fatto di aver cambiato i club in cui è stato. Ha trasformato l'Ajax, il Barça, l'Olanda, la Spagna. Era un personaggio dominante, con una personalità unica. Un gran maestro: dominava, controllava tutto e ci proteggeva da tutto e tutti. Non sarei mai stato capace di instaurare ciò che è riuscito a creare lui agli inizi".

Non è inutile ricordare che lui è stato il primo fenomeno ad essere identificato con le sue squadre, non un diamante in mezzo a compagni di minore talento (certo, era anche questo) ma l’essenza stessa di un tipo di calcio: l’Ajax di Cruijff, l’Olanda di Cruijff, il Barcellona di Cruijff. In comune con gli altri del suo rango (facciamo i nomi: Di Stefano, Pelé e Maradona) ha l’essere stato un uomo pensante, ma rispetto agli altri spicca perché del sistema non è stato strumento né come alfiere né come ribelle: lui ha cercato di cambiare le cose e in parte le ha anche cambiate, creando una scuola.

Quella che si chiama la ‘filosofia del Barcellona’ è nata con lui, prima ideologicamente come giocatore e sul finire degli anni Ottanta dalla panchina. Ideologia che non si può ridurre a uno schema: il 3-4-3 flessibilissimo della grande Olanda e del Barcellona di Cruijff allenatore (ma anche in mezza stagione in quello di Guardiola, che poi questo modulo l’ha ripreso al Bayern) sono freccette sulla lavagna, mentre un calcio propositivo e veloce, con giocatori quasi sempre capaci di ricoprire più posizioni, lo si è visto soltanto in poche realtà e tutte passate alla storia. Il calcio di Cruijff era anche presunzione, come presuntuosi sono (devono essere) tutti i campioni: senza questo spirito, questo tendere verso la perfezione, si possono vincere tantissimi trofei ma non si lascia niente al di fuori del recinto del tifo.

Guardiola gli deve molto. "Il suo merito è stato, davanti a un gioco così indecifrabile come il calcio, darci gli strumenti per dominarlo, una cosa impossibile a meno di non chiamarti Messi. Io ero un giocatore di talento ma non capivo nulla di calcio. Lui ci ha aperto un mondo affascinante, un film che abbiamo interiorizzato. Ieri parlavo coi miei figli, che non hanno conosciuto Cruyff, cercando loro di spiegare chi era e l'ho paragonato al professore di una materia che ti piace, un maestro di cui non vedi l'ora che faccia lezione. Era un tipo che ti diceva tutto il contrario di quello che avevi sentito per tutta la vita: ti dicevano che perdevi perché non correvi ma un giorno arriva lui e ti spiega che perdi perché corri troppo". Guardiola ricorda, fra gli aneddoti, quella partita contro il Valencia. Cruyff, allora allenatore del Barcellona, "ci disse che avrebbe giocato con tre difensori, con Eusebio e Witschge esterni. Pensavamo fosse impazzito e invece vincemmo 3-0 facendo un partitone". "E' stato un privilegio poter approfittare della sua generosità e condividerne le conoscenze - racconta ancora il tecnico del Bayern Monaco - Ci ha fornito una grammatica per capire il calcio. Il Barcellona va oltre Johann ma è evidente che è stato lui la rivoluzione che ci ha insegnato a come fare le cose. E' arrivato e ha detto: faremo così. Una cosa difficilissima perché bisogna avere una fiducia immensa per convincere gli altri. Non è un caso che abbia allevato tanti allenatori perché ci ha aiutato a capire questo gioco".

giovedì 24 marzo 2016

Il profeta Johan Cruijff è morto a 68 anni. Uno dei più grandi di sempre


Il mondo del calcio è in lutto. Se il giornalista Sandro Ciotti lo battezzò il profeta del gol, Gianni Brera usò per lui il nome di "Pelé bianco"  è morto a Barcellona a 68 anni a causa di un tumore ai polmoni. A darne notizia, il profilo Twitter ufficiale. Nel novembre scorso il fuoriclasse dell’Ajax e della grande Olanda l’aveva annunciato così al mondo: “Sì, ho il cancro. All’inizio è una cosa che ti lascia di stucco, ma è un fatto e devo affrontarlo con tutta la serenità e la forza possibili”.

Il campione olandese è stato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi: premiato tre volte con il Pallone d’Oro, vinse tra l’altro tre Coppe dei Campioni e una finale Intercontinentale. Con Pelé e Maradona compone il trio dei più grandi di sempre del calcio fra gli anni Sessanta e Ottanta, prima dell'avvento di campioni contemporanei come Messi. Personaggio di grande intelligenza, ha segnato un'epoca in campo con l'Olanda e l'Ajax e poi in Spagna vestendo la maglia del Barcellona, squadra di cui è stato simbolo e poi allenatore. Tanti i successi anche in panchina. Il calcio piange un grande protagonista sul terreno di gioco e fuori. Mai banale, spesso sferzante, i suoi giudizi calcistici venivano sempre accolti come una sentenza, una parola definitiva.

Johan Cruyff nasce ad Amsterdam il 25 Aprile 1947, figlio di un fruttivendolo e di una casalinga. Il calcio lo impara per le strade della capitale olandese. A 10 anni entra a far parte delle giovanili dell’Ajax, dove a suon di gol inizia a mostrare un talento fuori dal comune. Sette anni più tardi, nel 1964, a soli 17 anni è già in prima squadra.

E il buongiorno si vede dal mattino: esordio e gol con i lancieri. Ma l'anno che segna la prima parte del sua storia di campione è il 1965: l'incontro con Rinus Michels, trentottenne ex centravanti dell’Ajax e della Nazionale olandese, promosso allenatore dei lancieri, diventato poi il padre del ‘calcio totale’, cambia il corso della sua storia personale e, probabilmente, di tutto il calcio europeo.

Ogni grande regista necessita di fini interpreti: infatti se Michels è stato il teorico, il regista del calcio totale, Johan Cruyff è stato indubbiamente l’interprete che l'ha reso immortale.

Lui non aveva nè le doti tipiche dell'attaccante, nè quelle del centrocampista e ovviamente nemmeno del difensore. Lui era tutto: nella prima metà della carriera era stato un cosiddetto ‘centravanti di manovra’, per quello scatto fulminante, quella capacità di dribblare fuori dal comune e quel tiro tanto potente quanto preciso. Ma non solo: vedeva il gioco come i grandi registi, e aveva la capacità straordinaria di leggerlo in anticipo, così da poter svolgere egregiamente anche i compiti difensivi e di impostazione.

Ma ciò che lo rendeva unico era la fantastica combinazione di straordinaria eleganza, capacità atletiche eccezionali e di una freddezza mescolata all'istinto che gli consentiva di trovare spesso soluzioni imprevedibili. Un giocatore davvero ‘totale’, come il calcio che interpretava, capace di difendere, contrastare, dribblare catalizzare la manovra ma soprattutto di segnare: 204 gol in 276 partite con la maglia dell’Ajax e 33 gol in 48 presenze con quella arancione della nazionale olandese.

Da calciatore ha vinto una coppa Intercontinentale (1972), una Supercoppa d’Europa (1972), 3 coppe Campioni (1971, 1972 e 1974), 9 campionati d’ Olanda (1966, 1967, 1968, 1970, 1972, 1973, 1982, 1983 e 1984), un campionato di Spagna 1974, 6 coppe d’ Olanda (1967, 1970, 1971, 1972, 1983 e 1984), una coppa di Spagna (1978) e 3 Palloni d’ oro (1971, 1972 e 1974).

In panchina ha guidato l’ Ajax, dal 1985-86 al 1987-88, conquistando 2 coppe d’ Olanda (1986 e 1987) e 1 coppa Coppe (1987); il Barcellona, dal 1988-89 al 1995-96, vincendo 4 campionati di Spagna (1991, 1992, 1993 e 1994), una coppa di Spagna (1990), una coppa Coppe (1989), una coppa Campioni (1992) e una Supercoppa Europea (1992).

domenica 20 marzo 2016

Gigi Buffon nella storia. Nuovo record di imbattibilità a 974 minuti


Un altro traguardo, un altro record nella più che ventennale carriera di Gigi Buffon. Il portiere della Juventus, e della Nazionale, supera Sebastiano Rossi ed è il numero uno con la più lunga imbattibilità in campionato, 974 minuti. Un record che resisteva da 22 anni, quando l'ex portiere del Milan lo realizzò, e che fa entrare di diritto il numero uno nella "leggenda", come recita lo striscione esposto dai tifosi bianconeri per celebrare l'estremo difensore.

Gigi Buffon è il portiere con il più lungo record di imbattibilità nel campionato italiano. Al 4' del derby Toro-Juve ha superato Sebastiano Rossi, detentore fino ad oggi grazie ai 929' con la porta del Milan inviolata nel 1993/94. Al 3' della ripresa ha subito la rete su rigore di Belotti fermando il suo record a 974 minuti. L'ultimo a battere Buffon, in serie A, prima di Belotti è stato Antonio Cassano, al 19' st di Sampdoria-Juventus. Nella partita con il Sassuolo di venerdì 11 marzo Buffon aveva superato Zoff (903' senza gol) nella graduatoria di imbattibilità dei portieri della Juve.

Il numero uno di Carrara, che a gennaio ha compiuto 38 anni, esordisce in Serie A nel 1995 a soli 17 anni, subentrando a Bucci in un Parma-Milan dove abbaglia per la sua reattività tra i pali. A 19 anni fa capolino anche in Nazionale, in una delicata partita di qualificazione ai Mondiali 1998 durante un Russia Italia in condizioni meteo proibitive. Con la Nazionale, a sua è una storia d'amore lunghissima (punta ai Mondiali 2018 e sarebbe il record assoluto) e suggellata dalla Coppa del Mondo vinta da assoluto protagonista nel 2006. In azzurro Buffon è primatista come presenze, ben 154. Nei club `Gigi´ dopo gli inizi nel Parma, nel 2011 approda alla Juventus. Con i bianconeri vince praticamente tutto e a ottobre arriva a superare Alessandro Del Piero al primo posto della classifica dei minuti giocati con la Juventus. Da totem a totem, tanto che per i tifosi bianconeri è difficile immaginare un futuro senza Buffon.

E proprio i tifosi oggi hanno celebrato il record di Buffon con lo striscione "+929. Gigi numero 1, la leggenda". Applausi per il portiere, ma anche fischi - e qualche insulto - da parte di alcuni tifosi del Torino.

Oggi il record assoluto, a un passo dal muro dei mille minuti. Il record assoluto è quello del brasiliano Mazaropi, che non ha incassato gol a difesa del Vasco de Gama per 1.816'; nei campionati europei nessuno ha fatto meglio del belga Verlinden, che ha respinto tutti gli attacchi al Bruges per 1.390'; nella Premer League il primato è dell'ex bianconero Edwin Van der Sar, 1.311' imbattuto nel nel Manchester United, stagione 2008/2009.


mercoledì 9 marzo 2016

Di Francesco e Sarri, suggestioni Milan


Berlusconi vuole i risultati. La vittoria della Coppa Italia e il raggiungimento del terzo posto in campionato varrebbero la riconferma per Sinisa Mihajovic. Altrimenti il patron rossonero potrebbe scegliere un allenatore italiano per il suo “nuovo” Milan made in Italy. Con l’approdo di Antonio Conte sulla panchina del Chelsea dalla prossima estate, in lizza per sostituire Mihajlovic, come riporta l’edizione odierna de Il Giornale, rimangono Eusebio Di Francesco e Maurizio Sarri.

Eusebio Di Francesco gode della stima di Berlusconi. Lo stesso presidente rossonero in occasione di Milan-Sassuolo si complimentò col tecnico dei neroverdi per l’ottimo calcio espresso a San Siro. "Berlusconi? È venuto a cercarmi dopo la gara contro il Milan - dichiarò Di Francesco - e mi ha detto che nonostante l'uomo in meno non avremmo meritato di perdere. Io in rossonero? Mai dire mai, ma il mio cammino passa dal Sassuolo e mi reputo fortunato. Poi io amo le cose concrete, anche se i complimenti fanno piacere”.

Maurizio Sarri, già sondato da Adriano Galliani prima di affidare la squadra a Sinisa Mihajlovic, è un profilo che piace in casa Milan. Al Napoli il tecnico toscano, dopo l’ottima stagione alla guida dell’Empoli, sta confermando di essere uno dei migliori allenatori del panorama italiano. Le parole di ieri del patron partenopeo Aurelio De Laurentiis lasciano diversi dubbi sul futuro di Sarri: “Il mister ha un contratto di un anno con me con quattro opzioni per gli anni successivi. Sta unilateralmente a me, entro un determinato mese di ciascun anno solare, poter esercitare l'opzione e confermargli il contratto a compensi predeterminati. Il diritto di opzione va esercitato entro e non oltre il termine X, non mi ricordo se è il 31 marzo, il 30 aprile o il 15 maggio, non ricordo”. Il Milan è vigile, l’ipotesi Sarri intriga non poco la società di via Aldo Rossi.

Maurizio Sarri, tecnico del Napoli, ha il contratto in scadenza al termine della stagione, ma la società campana eserciterà il diritto a prolungare l'accordo. Come riporta Sky Sport, inoltre, con il secondo posto in classifica ci sarà un raddoppio di stipendio per il tecnico, che ora percepisce 700mila euro a stagione.

Alessandro Pellegrini, avvocato, agente di Maurizio Sarri, interviene su milannews.it a proposito delle ipotesi circa un possibile futuro rossonero dell’attuale tecnico del Napoli: «Non c'è nulla con il Milan e non può esserci nemmeno in futuro perché siamo sotto contratto con il Napoli fino al 30 di giugno e al 30 di maggio il club ha un’opzione unilaterale per cui non può esserci nulla. Sono destabilizzazioni strumentali, ma questo fa parte del gioco, in questo periodo si cerca di creare problemi, non solo al Napoli, ma vedo che pure il Milan ne ha tanti. Ribadisco: Sarri ha un contratto con gli azzurri e il Napoli ha un'opzione da esercitare che, però, finora non ha esercitato. Non mi meraviglia nulla nel calcio, aspettiamo la fine del campionato e poi ne parliamo. Il Milan ha cercato Sarri in passato? C'era l'interessa e una stima immensa del dottor Galliani ma questo ormai è acqua passata. Ci sono stati diversi incontri e chiacchierate ma si è limitato ad una manifestazione di stima».

sabato 5 marzo 2016

Calcio: board Fifa: si alla moviola in campo


Approvata a Cardiff la sperimentazione della tecnologia. Moviola in campo: il Board della Fifa avvia la sperimentazione per due anni.

Dopo la tecnologia sulla linea di porta, nuovo passo storico per il calcio. Il ricorso al video si potrà chiedere per gol, espulsioni e rigori, ma l'ultima parola spetta all'arbitro. Addio "tripla sanzione": il rigore con rosso e squalifica resta solo per gioco violento o gol negato.

L'International board della Fifa, l'organismo deputato alle modifiche del regolamento, che è riunito a Cardiff, ha approvato la sperimentazione dell'uso della tecnologia in campo, per assistere l'arbitro in alcune decisioni. La novità storica verrà introdotta in forma di test, e l'ultima decisione sugli episodi specifici, spetterà comunque all'arbitro.

Per il neopresidente della Fifa Gianni Infantino si tratta di una "decisione storica per il calcio". "Stiamo ancora discutendo - ha aggiunto il n.1 del calcio mondiale - a questo punto non possiamo fermare il dibattito. Abbiamo dimostrato che stiamo ascoltando i tifosi e anche le richieste dei giocatori".

"Stiamo ancora discutendo - ha aggiunto il numero uno del calcio mondiale - a questo punto non possiamo fermare il dibattito. Abbiamo dimostrato che stiamo ascoltando i tifosi e anche le richieste dei giocatori".

Il Board ha detto sì. E questo, dunque, può essere il giorno che riscriverà la storia del calcio. Il giorno in cui il video - moviola, slow motion... - entra in campo. Ufficialmente. Perché almeno in un paio di episodi, la testata di Zidane a Materazzi nel 2006, e l'angolo diventato rigore in Brasile-Marocco alla Confederations 2009, il video di fatto è già stato usato. Ma oggi è diverso. Il 130° International Board a Cardiff, Galles, aveva in agenda la sperimentazione video dal 2016-17. Non c'è Platini a opporsi, non c'è Blatter a cambiare idea la mattina. I legislatori del pallone, allora, hanno deciso di dare il via ai test, che dureranno due anni. Eventualmente, il primo torneo con la "moviola" sarebbe Euro 2020.

Ma il protocollo - chi, cosa, come - è stato definito. E politicamente, per il nuovo presidente Fifa Gianni Infantino, è l'occasione per uno stacco con il passato. "Abbiamo preso una decisione davvero storica per il calcio - dichiara -. Ifab e Fifa stanno continuando a discutere del tema e il dibattito non si fermerà oggi. Abbiamo dimostrato che stiamo ascoltando il calcio e stiamo applicando il buon senso. Dobbiamo essere prudenti, ma stiamo facendo passi concreti per mostrare che è iniziata una nuova era".
Studiato e rielaborato con i due panel di tecnici ed esperti, il protocollo è stato approvato dal Board composto dalla Fifa e dalle 4 britanniche. Servivano 6 voti su 8. Nei corridoi dell'hotel St.David's si sussurrava che gli inglesi avessero dei dubbi, che però non hanno inciso troppo sul voto finale.

Una cosa è sicura: il video non potrà disciplinare tutti i casi. L'idea è di applicarlo dopo il gol, per valutare se c'è stato fallo, palla fuori, fuorigioco; e inoltre per l'espulsione diretta e il rigore, cioè episodi che "cambiano" la gara. Escluse invece sia la punizione dal limite dell'area sia l'ammonizione.

La cosa si complica quando, in caso di episodio che merita la revisione, il gioco non si ferma. Nel protocollo c'è la possibilità di fermarsi se la palla è in una zona non "influente", o di aspettare un stop (ma se l'azione continua per minuti?). E c'è sempre l'opzione "challenge", cioè che i tecnici chiedano una verifica video. Una cosa è sicura: le gare saranno più lunghe.

Non solo: il video potrebbe non risolvere il caso. Quante volte la moviola tv scatena interpretazioni opposte? L'ultima parola spetta all'arbitro. E sarà lui a vedere il monitor, posto a bordo campo, facile da raggiungere. Altri problemi: chi è ammesso alla visione? Tecnici? Capitani? Difficile. E chi gestisce le riprese? Se si vuole partire ad agosto serve l'approvazione oggi. L'Italia ha confermato la disponibilità come Olanda (dove il video è stato testato), Brasile, Usa, Germania, Francia, Inghilterra, Scozia e la Coppa America. Tutti potrebbero ricevere l'ok, per avere più risposte. Ma in quali tornei? Decide il Board, non le federazioni. Serve continuità, non convince l'opzione altissimo livello (Champions, Serie A). Più probabili coppe nazionali e B.

"Rosso" e vantaggio: oggi, in caso di fallo da espulsione, l'arbitro deve sempre fischiare, ma questo può impedire a chi attacca di concretizzare un vantaggio molto importante (tipo un'azione in campo aperto). Il prossimo anno l'arbitro farà proseguire l'azione e darà il "rosso" soltanto dopo, quando: a) il gioco si ferma (gol, palla fuori); b) il gioco prosegue, con la possibilità di fermarlo ("stop tecnico") quando il giocatore da espellere è coinvolto nella ripartenza.

Cure in campo: oggi, chi subisce un fallo da "giallo" (o "rosso") deve lasciare il campo lasciando la squadra in 10. Un paradosso che aiuta chi fa fallo. Il prossimo anno, se le cure mediche non saranno oltre 40"/un minuto, l'infortunato non dovrà più uscire. 4) Espulsione prima del fischio d'inizio, per fatti gravi o violenti nel pre-gara. 5) Rigore da fuori campo: proprio così, in caso un giocatore tenti di rallentare il rientro dell'altro in campo, con pallone in gioco, dopo essere usciti nella foga dell'azione, oltre all'ammonizione non sarà più palla a due ma punizione (o rigore, se in area). Idem se uno della panchina o un medico entrano senza autorizzazione. 6) Punizione su fuorigioco di rientro: oggi la punizione si batte dove avviene l'offside, tranne nel caso di fuorigioco di rientro con l'attaccante che torna nella sua metà campo (caso in

Addio alla tripla sanzione. Non verrà abolito del tutto il "rosso" nel caso di fallo che impedisca una chiara occasione da gol: resterà in caso di fallo violento o che impedisce un gol "altrimenti inevitabile" (mano sulla linea). Inoltre: se difensore o portiere cercano di giocare "onestamente" la palla, e non riescono, sarà colpa lieve e "giallo"; se invece questa possibilità non c'è, "rosso". Possibile il quarto cambio nei supplementari: ci sarà una sperimentazione. E discussione sull'espulsione a tempo, testata favorevolmente in tornei giovanili dove resta fuori 8'/10' chi simula, protesta o tiene comportamento antisportivo.

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