Per il Consiglio di Stato le operazioni di mercato sono da tassare. Lotito insorge: tassa iniqua, mina la competitività. Simonelli propone: imitiamo l'Inghilterra, detassiamo le plusvalenze reinvestite.
Un parere del Consiglio di Stato stabilisce che le società di calcio sono tenute al pagamento dell'Irap per le plusvalenze derivate dalle cessioni di mercato. E scoppia la polemica nel mondo del pallone.
Nei giorni della crisi globale, con un mercato di riparazione già congelato dalla scarsa liquidità dei club si profila un nuovo spettro nel contenzioso che oppone spesso le società e il Fisco. Alla massa di 800 milioni di euro di imposte già versate dal sistema calcio, rischia di aggiungersi l'obbligo del versamento Irap sulle plusvalenze, se d'ora in poi farà testo il parere del Consiglio di Stato depositato lo scorso 11 dicembre.
"Bisogna importare il sistema adottato in Inghilterra, dove non sono tassate le plusvalenze sui giocatori se reinvestite", è la proposta del presidente del collegio dei revisori della Lega di serie A Ezio Maria Simonelli, che coordina il tavolo fra i club e il Fisco.
"Ci sono una serie di partite aperte con il Fisco, gestite in maniera 'fair' e - ha spiegato Simonelli, che e' candidato alla presidenza della Lega di serie A - questo tavolo dovrà anche chiarire le regole per il futuro: per le società è meglio arrossire adesso per evitare di sbiancare in futuro per accertamenti milionari". Fra le partite aperte c'e' quella dell'Irap sulle plusvalenze.
"Ci sono posizioni diverse. Secondo il Fisco va pagata, secondo le società no perché le plusvalenze nascono da cespiti, e lo stipendio di un calciatore non e' deducibile a fini Irap, quindi si sentono tassate due volte - ha notato Simonelli - Hanno sancito questo principio alcune decisioni di commissioni tributarie a favore ad esempio di Lazio e Cagliari, ma alla fine non tutti pagano l'Irap sulle plusvalenze. Ad esempio, il Milan lo fa e l'Inter no. Quando ho aperto il tavolo di lavoro con il Fisco ho detto che e' interesse della Lega avere regole uguali per tutti. Dovremmo importare il sistema di sviluppo adottato in Inghilterra".
L'ultima parola spetta alla Cassazione ma il pronunciamento dell'organo amministrativo segna una nuova tappa nella lunga querelle tra le società e l'Agenzia delle Entrate. Il Fisco ha aperti in tutta Italia diversi contenziosi con parecchi club per le annualità fino al 2007 (dal 2008 infatti l'Irap deriva dal bilancio e non ci sono dubbi interpretativi).
A lanciare il grido d'allarme è il presidente della Lazio, Claudio Lotito, che valuta negativamente il parere con cui il Consiglio di Stato (n. 5285 dell'11 dicembre). "Tutto si basa su un'interpretazione di una circolare fatta, quando era ministro del Tesoro Visco, per impedire le plusvalenze facili – ha spiegato il presidente biancoceleste -, ma oggi le squadre pagano regolarmente le tasse. E con l'Irap, a livello europeo, siamo penalizzati perché oltre a non avere gli stadi, abbiamo una doppia tassazione: cedendo un giocatore, oltre a pagare l'Ires (imposta sul reddito delle società, ndr) abbiamo una tassa straordinaria sulle plusvalenze.
Questo non esiste in nessun altro paese d'Europa. In Inghilterra c'e' addirittura la detassazione sulle tasse ordinarie".
Il calcio italiano rischia di pagare oggi le gestioni 'creative' dell'inizio del nuovo secolo, quando l'equilibrio patrimoniale si realizzava tramite le plusvalenze ottenute dalle cessioni di top player e di tanti giovani prodotti nei vivai. Una scorciatoia finanziaria che ha già presentato il suo conto sotto forma di debiti (proprio la società biancoceleste fu salvata dal crac grazie alla spalmatura in 23 anni del debito di 140 milioni verso l'erario.
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