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martedì 18 febbraio 2014
Juventus tutti contro tutti. Conte, Capello e Moggi
Intorno e dentro la Juventus tiene banco la querelle. Le parole di Antonio Conte non sono piaciute alla dirigenza juventina. Il rinnovo del contratto è a rischio, alta tensione dopo l'attacco a Capello e alla situazione di Calciopoli .
''Conte dovrebbe avere più rispetto della società, e chiedere il permesso prima di fare certe dichiarazioni. Con me, non l'avrebbe fatto''. E' la replica di Luciano Moggi, dg della Juve ai tempi di Capello, alle accuse dell'attuale tecnico bianconero. ''La Juve di Capello ha dato risultati importanti: se l'Italia ha vinto il Mondiale nel 2006 il merito è della Juve di allora. C'è un abisso tra quella e questa squadra'', ha aggiunto Moggi, a Sport Mediaset. ''E' una polemica che mi sembra assurda - ha detto l'ex dg bianconero - Se Capello ha detto che la serie A oggi non è abbastanza allenante e la Juventus in estate ha aggiunto Tevez e Llorente mentre gli altri hanno venduto i pezzi migliori, mi sembra che abbia fatto un elogio a Conte e alla società e non una critica. Non capisco tutto questo casino''.
''Non vedo cosa ci sia offensivo nelle parole di Capello - ha detto ancora Moggi -, e ritengo che quello sia stato un momento di stress''. Viene fatto notare a Moggi che Conte ha fatto riferimento ai due scudetti juventini revocati per via di Calciopoli. ''Poi Conte ha corretto il tiro - ha detto ancora Moggi -. Qui si vede la rabbia del soggetto, perché Conte è irascibile. Dovrebbe frapporsi la società e fermare queste dichiarazioni: credo che Conte dovrebbe avere maggiore rispetto per la società e chiedere se può fare o meno una dichiarazione''. ''Con me quelle dichiarazioni non le avrebbe fatte - ha concluso l'ex d.g. -. Mi avrebbe chiesto il permesso: Conte gioca in uno stadio dove c'è scritto che la Juventus ha 31 scudetti, e allora dovrebbe dire 'Non gioco qui'''.
Conte con una parola azzera 8 anni di battaglie. Non sappiamo se avesse studiato tutto o se gli sia scivolato inavvertitamente il piede dal freno, ma il tecnico della Juventus ha detto qualcosa di molto poco juventino. Furibondo per certe affermazioni di Capello, ha disintegrato l’avventura bianconera dell’attuale ct della Russia: «Qui non ha mostrato un gran gioco e i suoi due scudetti sono stati revocati».
La lotta scudetto ora sta diventando un duello mondo bianconero ha combattuto per riottenerli, ancora non si è arreso all’idea di averli persi, ne ha fatta quasi una ragione di vita: non siamo a ventinove, siamo a trentuno. Tanto che quel numero, trentuno, è scolpito enorme perfino sullo Juventus Stadium, in barba a verdetti e giudizi, consigli e opportunità. In un istante, con una parola, Conte ha cancellato otto anni di lotta: «Revocati». Roba da interisti, magari da granata; roba che suona stranissima in bocca a uno che è bianconero nell’anima.
Che avesse preparato tutto o meno - la sensazione però è che non abbia calibrato bene quanto stava dicendo, andando oltre le intenzioni - Conte ha inevitabilmente indispettito i suoi datori di lavoro. A cominciare da Andrea Agnelli, che più di ogni altro si è esposto nella battaglia, scontrandosi a suon di carte bollate con la Federcalcio, la giustizia sportiva e anche l’Inter. Perciò l’allenatore, richiamato all’ordine, ha poi cercato di ritoccare certe considerazioni.
Le parole di Conte sono destinate a lasciare una traccia nell’infinita querelle post-Calciopoli: anche di queste discuteranno juventini e antijuventini. A noi, di Conte, piace evidenziare non solo la qualità come allenatore, ma anche il coraggio. Per carità, non affronta i carrarmati a mani nude, però in sette giorni ha sfidato i suoi calciatori (sgridati e privati del giorno di riposo), i suoi tifosi (per proteggere Giovinco) e un santone della panchina (Capello). Tra falsi e opportunisti, uno così fa la sua bella figura, a prescindere da quello che possano avere pensato ieri i dirigenti bianconeri e anche a prescindere dai risultati.
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