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mercoledì 13 maggio 2020

Il disappunto di Castellacci: "Un medico non è un eroe, ma un professionista”



Usa parole di fuoco Enrico Castellacci, presidente dell'Associazioni dei Medici di Serie A, dopo che il comitato tecnico-scientifico ha dettato la linea per la ripresa degli allenamenti collettivi. Punto controverso per l'ex medico della Nazionale è la responsabilità penale per l'attuazione del protocollo di sicurezza che andrà a ricadere propri sui medici sportivi. "Un medico non è un eroe, ma un professionista serio e si assume le proprie responsabilità. E' da tempo che continuo a ripetere che il medico del calcio è l'anello debole della catena, che non ha un contratto depositato in Lega. L'unica figura poco tutelata, o per niente. Il paradossale è che la figura più debole si ritrova ad essere la figura fondamentale e la più critica".

Era ovvia questa responsabilità sul medico del calcio, l'assenza dell'associazione L.A.M.I.C.A all'interno della Federcalcio è assurda. È ovvio che dovranno essere fatte delle verifiche, abbiamo già allertato i legali della nostra associazione perché facciano le loro osservazioni dopo aver letto i protocolli». Perché, in questo caso, un errore o un incidente rischierebbe di avere anche serie conseguenze penali. «Ho già ricevuto molte lettere di colleghi dalla Serie B che minacciano le loro dimissioni in caso non venisse rivista la questione della responsabilità, che diventa una responsabilità penale». I club si devono assumere le loro responsabilità, bisogna nominare dei medici competenti che vanno associati ai medici del calcio nel rispettare le linee guida".

Sulla quarantena: "Si crea un grosso handicap, se si fosse seguito il modello tedesco sarebbe stato più semplice. Avremmo messo in isolamento il giocatore contagiato, fatto i tamponi necessari e fatto riprendere gli allenamenti. Qui si pensa alla riapertura del campionato, non escludendo una prossima chiusura. Una volta che si iniziano le trasferte, il pericolo di contaminazione è più alta, basta un solo giocatore e si blocca il campionato. Crea delle perplessità non indifferenti sulla vera volontà di ripartire".

I medici sportivi non si sentono in alcun modo esperti di virologia ed epidemiologia, il coronavirus che ha travolto il mondo e il conseguente rischio contagi anche tra i calciatori, quindi, rappresenta un problema enorme anche per loro: «I club si devono assumere le loro responsabilità, bisogna nominare dei medici competenti che vanno associati ai medici del calcio nel rispettare le linee guida - sottolinea ancora Castellacci - È una situazione difficile da valutare con molta attenzione».

Le linee guida volute dal Comitato e dai ministri della Salute e dello Sport, Speranza e Spadafora, prevedono anche la quarantena immediata per tutta la squadra (ed eventualmente gli ultimi avversari) qualora un calciatore risultasse positivo. Quindi quindici giorni senza partite, tra l'altro in un calendario iper compresso e già abbondantemente rimaneggiato: «Si crea un grosso handicap, se si fosse seguito il modello tedesco sarebbe stato più semplice. Avremmo messo in isolamento il giocatore contagiato, fatto i tamponi necessari e fatto riprendere gli allenamenti. Qui si pensa alla riapertura del campionato, non escludendo una prossima chiusura. Una volta che si iniziano le trasferte, il pericolo di contaminazione è più alta, basta un solo giocatore e si blocca il campionato. Crea delle perplessità non indifferenti sulla vera volontà di ripartire», è l'analisi dell'ex medico azzurro.




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