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venerdì 1 novembre 2013

Gigi Meroni la farfalla granata



Il 15 ottobre 1967 smetteva di volare la "farfalla granata": i tifosi lo ricordano come ogni anno.

“Era un simbolo di estri bizzarri e libertà sociali in un paese di quasi tutti conformisti sornioni», parole di  Gianni Brera

Ci sono date che sono scolpite nella mente e sulla pelle dei tifosi del Torino. Il 15 ottobre 1967, Meroni moriva travolto da un’auto mentre attraversava con il compagno di squadra Poletti, morì una domenica sera dopo la vittoria del Torino sulla Sampdoria grazie alle sue prodezze. Il primo urto lo colpì alla gamba sinistra e lo fece piroettare in aria, facendolo rimbalzare dove sopraggiungeva un’altra auto che non poté evitarlo. Aveva 24 anni ed era l’idolo di Torino, versante granata, dopo essere stato adorato dai genovesi, sponda rossoblù.

Una tragedia che sconvolse l’intero mondo del calcio e l’Italia stessa perché Meroni non era solo un calciatore di 24 anni, ma un simbolo per i giovani degli Anni ’60. Anticonformista e geniale, talentuoso e speciale: la “Farfalla granata” era nel cuore dei tifosi.

Questo è uno dei motivi che ogni 15 ottobre viene ricordato con affetto e sentimento. A partire dal mondo granata, che come ogni anno si ritroverà nel luogo dell’incidente mortale per deporre un fiore, dire una preghiera o sussurrare un “Ciao Gigi”.

Segnava gol in maniera irripetibile perché gli veniva facile il difficile, non per esibizionismo. Giocava sempre come se non ci fosse altro che il calcio, un gioco e niente più.

Dal 2007, in corso Re Umberto 46, c’è un cippo che onora Meroni ed è diventato un punto di riferimento per chi non ha mai dimenticato quell’ala imprendibile o semplicemente si è appassionato alla storia a quel ragazzo “beat”.

Luigi "Gigi" Meroni nasce a Como il 24 febbraio del 1943 e proprio a Como inizia la sua carriera calcistica nel campetto dell'oratorio di San Bartolomeo dove gioca la squadra Libertas. Cresce nel vivaio del Calcio Como insieme all'amato fratello Celestino, ma la sua carriera nella formazione lariana è breve e a soli 19 anni viene traferito al Genoa. A portare Meroni alla corte rossoblù era stato un dirigente talent scout», Aldo Dapelo, grande amico di Gianni Brera. L'aveva acquistato dal Como per 40 milioni e gli era stato suggerito dal dottor Giulio Cappelli, che allora guidava i lariani. Pochi mesi prima Meroni era stato bocciato da Manlio Scopigno per il Vicenza. L'aveva segnalato a Roberto Lerici, un suo amico geno¬vese Amilcare Palotti, scopritore di talenti.

Il tecnico argentino aveva subito capito l'immenso talento di Meroni e l'aveva lanciato in orbita. E qui il destino mosse il suo primo passo, perché anche il povero Santos morì per Meroni. Era andato a passare le vacanze in Spagna, gli avevano assicurato che Meroni non sarebbe stato venduto. Invece l'ultimo giorno del «Gallia», il presidente Giacomo Berrino non seppe resistere all'offerta di Pianelli, circa 300 milioni, e Meroni passò al Torino. A Genova, in piazza De Ferrari ci fu la ri¬volta dei tifosi, perché Gigino era il loro beniamino. Appena lo seppe, Santos decise di interrom¬pere le vacanze. Salì in macchi¬na per raggiungere Genova e da¬re le dimissioni. Ma era troppo nervoso per guidare. La sua au¬tomobile andò a schiantarsi contro un albero. Sua moglie e le figlie se la cavarono con qualche ferita, per lui non ci fu nulla da fare.

Per quei 300 milioni, che allora fecero scandalo, Orfeo Pianelli venne descritto come il «Bonaventura» del calcio italiano, sembrava pronto a distribuire milioni a tutti, come il personaggio di Sergio Tofano. Nessuno capì che invece l'amministratore delegato della «Pianelli & Traversa» era il primo presidente che ragionava da manager. Per la precisione i milioni non furono 300 bensì 275 e nel conguaglio c'era pure un giocatore, lo spagnolo Peirò.

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