Rafa Benitez è pronto a dar vita ad una mezza rivoluzione nella rosa del Napoli. Il tecnico spagnolo infatti non vuol avere a che fare con i fantasmi di Mazzarri, e così darà il via libera alla cessione di molti elementi. Una volta stabiliti i giocatori cedibili (dopo che Benitez li avrà valutati personalmente), riporta la Gazzetta dello Sport, prenderà il via la campagna acquisti: oltre ai "soliti" Skrtel, Ramires, Torres e Gomez, a Benitez piace Leroy Fer del Twente, mentre il DS Bigon potrebbe puntare su Alessio Cerci. L'esterno è in comproprietà fra Torino e Fiorentina ed il suo futuro è ancora tutto da scrivere.
Editoriale di Mauro Suma su tuttomercatoweb.
Se gli indonesiani comprano l'Inter, nel calcio italiano si crea un precedente deflagrante. Anzi, non un precedente, ma il precedente. Strada aperta definitivamente ai massicci investimenti stranieri. E gli avversari, soprattutto le big, costretti a fare altrettanto. Perché se gli indonesiani investono e comprano a più non posso per l'Inter, le attuali politiche economiche di Milan e Juventus alla distanza non possono reggere. E lo scenario cambierebbe clamorosamente. La linea societaria dei grandi Club italiani, in passato la Juventus con i libici e di recente il Milan con le sue dichiarazioni di disponibilità e apertura verso l'estero, era sempre stata quella di una collaborazione, di una cessione di quote di minoranza. In questo caso invece no: arrivo, compro e comando. Evviva, arrivano i soldi, tutta gioia e tuttabellezza.Tifosi in delirio. Adesso. Ma poi? La cotta per quanti anni dura? Un modo di pensare indonesiano, comunque internazionale, come si concilierà con il particolarissimo calcio italiano e soprattutto come potrà mai sostituire il legame di sangue e di territorio che lega le grandi presidenze di Milan, Inter e Juventus alla propria squadra? Perché nel calcio non ci sono solo i soldi e i trionfi, ci sono i debiti, ci sono le sconfitte. E senza amore vero, prima o poi ci si stanca. Viene in mente il film Mediterraneo, di Gabriele Salvatores: arriva il turco, ti fa sorridere, italiani-greci una faccia e una razza, ti dà l'oppio, stai bene e sei felice. Il mattino dopo però ti porta via tutto mentre dormi e ti lascia con un palmo di naso. Staremo a vedere. Certamente la notizia della settimana è questa, non altro.
La Roma e Roma meritano rispetto. Ma Massimiliano Allegri non ha mai illuso nessuno e non ha mai nascosto al Milan le avances del Club giallorosso e, per molte settimane, del Napoli. Ma il suo atteggiamento è sempre stato uno: prima il Milan. Non per questioni contrattuali. I contratti vanno e vengono e il primo a saperlo è il tecnico toscano che, prima o poi, quando andrà via dal Milan vorrà farlo in punta di piedi come è venuto. Al Milan c'è un Club fantastico, un gruppo vero in spogliatoio, una squadra costruita dal nulla e costata fatica con un lavoro ancora da concludere, un ambiente e una tifoseria sani. Nonostante le pungolature del presidente Berlusconi, rivolte storicamente a tutti i suoi allenatori, Allegri non ha mai smesso per un attimo di sentirsi legato al Milan. Certo, se fosse scattato l'esonero, avrebbe messo testa e pensieri, magari anche obtorto collo, sulla Roma. Ma fino a questo momento non è accaduto nulla del genere e la priorità resta, in maniera trasparente, il Milan. Poi, come sempre al Milan, l'ultima parola spetta solo al presidente Berlusconi. Che è un genuino, un puro del calcio, e non può aver cancellato le sue arrabbiature tecniche sul gioco della squadra. Ma che, anche se la strada è stretta, usa oggi la stessa frase di Adriano Galliani: "Faremo la cosa migliore per il Milan". Non per me, e sappiamo come la pensa il Presidente, ma per il Milan. Vedremo. Un solo pensiero dedicato a tutti quelli che da Settembre a oggi, nove mesi sono tanti, hanno previsto e spergiurato l'esonero di Allegri. Rispondano ad una domanda semplice semplice: se Allegri fosse stato cacciato a Ottobre o a Novembre, il Milan sarebbe arrivato terzo e nei playoff di Champions League? A loro non interessa rispondere, ma a chi ha a cuore solo il bene del Milan sì.
Mercato che bellezza. Inizia la sarabanda. E dopo lo scioglimento del nodo del prossimo allenatore, si passerà a parlare di nomi. E' bene chiarire che parliamo di attuale gradimento tecnico, non di trattative. Piacere ad una squadra è un conto, andarci è tutt'altra cosa. Se parliamo di Milan giocatori come Andrea Poli, come Riccardo Saponara che non a caso è arrivato e come Adem Liajic (attenzione, parliamo di attenzione e interesse, non di offerte e trattative, se no l'ossessionatissimo Guetta inizia a invocare fischiate assordanti fin d'ora) che resta assolutamente un giocatore della Fiorentina, il gradimento tecnico c'è e si percepisce. Non è la stessa cosa per giocatori come Alessio Cerci e Vasco Regini. Quest'ultimo, con tutto il rispetto, per il momento, a livello di grandi Club, è più proposto che seguito. Poi può succedere tutto e il contrario di tutto, ma a livello di apprezzamento puramente tecnico la situazione è questa.
Sette giorni fa, quando uscì sul seguitissimo TMW il nostro pezzo su Carlo Ancelotti che aveva comunicato al PSG di volersene andare da Parigi fin dallo scorso mese di Dicembre e che Leonardo era il più serio candidato alla sua sostituzione, ci ha raggiunto una vocina al telefono: "Ma te come fai a sape' tutte ste' cose? Te sei dimenticato però, piccolo particolare, che la prossima settimana se squalificano per tanti mesi Leonardo, il disegno crolla. E' tutto vero, ma la squalifica di Leonardo po' cambià tante cose...". Profetico il nostro amico. Leonardo ha subìto un cartellino rosso da 9 mesi tondi tondi e per bene che vada l'appello, almeno due terzi se li dovrà sorbire tutti. Per cui, siccome Leonardo e Ancelotti non possono aggiustarsi fra loro con la sostituzione dell'uno con l'altro, ed è probabilmente proprio la squalifica imminente il motivo per cui è stato detto a Carletto di non essere stato chiaro sui suoi propositi di abbandono, ecco che l'uomo di Reggiolo non può andare a coronare il suo sogno di allenare il Real Madrid dovendo rimanere da contratto sotto la Torre Eiffel. L'effetto domino, tutto interno alla rosa parigina, è di quelli che contano: se resta Carlo Ancelotti, resta anche un certo Zlatan Ibrahimovic.
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