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domenica 28 gennaio 2018

Presidenza Figc: i tre candidati presentano i loro programmi



«Auspico che ci sia un ravvedimento da parte dei tre candidati affinché non si celebrino le elezioni lunedì, lo auspico come il 90% degli italiani». Lo ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò, dopo aver parlato in conference call con i tre in corsa alla presidenza Figc. «In questo momento l'assemblea è regolarmente convocata, ma i candidati hanno riconosciuto le difficoltà e si riservano con le componenti di arrivare a delle conclusioni. Non ci può essere un'ipotesi che uno si ritira e gli altri vanno avanti. La mia proposta era di buonsenso - ha aggiunto Malagò -: fermate tutto, rimandate tutto a 90 giorni e dopo avrete un'elezione senza il rischio del commissariamento».

Tre candidati alla presidenza della Federcalcio: si sono confrontati per  capire programmi, intenzioni. La prima delle quali, che unisce Cosimo Sibilia, Damiano Tommasi e Gabriele Gravina, è di non rinunciare all'assemblea elettiva. "Condividiamo la preoccupazione di Malagò - dicono in coro - e lo ringraziamo per le attenzioni che ci riserva. Ma gli diremo che non abbiamo intenzione di ritirarci né di rinviare l’assemblea elettiva: ci sentiamo candidati a tutti gli effetti e andiamo fino in fondo"

Gabriele Gravina:  "Il calcio che vorrei è una questione di cuore, ti coinvolge, ti fa gioire, ti fa penare, ti fa piangere e urlare, ti coinvolge e ti entusiasma, nella costruzione di un qualcosa che è fuori di te, ma che, al tempo stesso, è una parte di te che condividi con altri. Il calcio che vorrei è fatto di passione. Solo l'assenza di calcoli, bilanciamenti ed opportunismi, può rendere concreta questa forza esplosiva che, dal di dentro, ti spinge a correre dietro a un pallone, a rialzarti dopo le sconfitte, a guardare nuovi orizzonti dopo le vittorie. Solo con la passione riesci a dedicare tempo ed energie alla ricerca di una soddisfazione e un piacere interno incomparabili. Il calcio che vorrei è fatto di lucidità, come ogni attività umana, che coinvolge più persone deve essere gestita e programmata con lungimiranza, competenza e responsabilità, nella consapevolezza che una vittoria sportiva può essere frutto di organizzazione, ma non è vero il contrario.
Il calcio che vorrei è emozione. È la corsa a perdifiato di Tardelli nel 1982, oppure l'esaltazione collettiva del 2006, ma anche l'impegno di tutti i nostri uomini e le nostre donne su tutti i campi per onorare la maglia che indossano, nelle vittorie, ma anche e soprattutto nelle sconfitte.
Il calcio che vorrei nasce dai valori. Da quelli scritti nel nostro Dna di cultori delle regole, del fair-play, della lealtà, del rispetto. Da quelli che ogni generazione di calciatori, dirigenti, allenatori e arbitri tramanda ai più giovani, in una catena senza fine. I valori vincono sempre. Il calcio che vorrei è identità. Esso ci unisce e ci accomuna, ci avvicina e ci fonde rispetto a un gruppo sociale, un territorio, una nazione. Esso ci fa lavorare per il bene comune. Esso ci fa pensare all'insieme pur nella rivalità dei singoli.
Il calcio che vorrei è il calcio sostenibile di domani. Un calcio che offra ai nostri giovani la possibilità di trovare le occasioni che meritano: per formarsi, perfezionarsi e competere. Un calcio che offra ai nostri tifosi la possibilità di ritrovarsi sotto le loro bandiere in stadi moderni e tecnologici. Un calcio che dia la gioia e l'entusiasmo a imprenditori e appassionati di investire in un grande fenomeno collettivo, all'interno del quale scegliere se fare industria o socialità.
Il calcio che vorrei è la gioia di giocare quella 'partita per il futuro' in cui tutti noi possiamo condividere e sentirci protagonisti di una grande storia che è quella del calcio italiano".

Cosimo  Sibilia: "Non è più tempo di desideri, di buoni propositi e di idee lasciate sulla carta senza che ne sia dato alcun seguito. È giunto il momento di mettere in pratica azioni concrete, riforme attuabili che riportino il gioco del calcio al centro del nostro agire. Dobbiamo rispetto ai milioni di tifosi che si appassionano per questo sport, per questo al 'calcio che vorrei' preferisco parlare del 'calcio che faremo'. Insieme, come lo slogan del mio programma 'Giochiamo di squadra'. Perché non è neanche più il tempo di dividersi. Il calcio ha bisogno di tutte le sue componenti. Ha bisogno dei calciatori, i primi attori, ha bisogno di una nuova governance, ha bisogno del suo vertice ma anche della sua base. Di quel milione e 200mila tesserati che costituisce la Lega Nazionale Dilettanti che rappresento con orgoglio e fierezza. Ha bisogno di un Club Italia rinnovato e di figure che hanno portato in alto l'Italia negli anni. Ha bisogno di una riforma dei campionati e di norme più restrittive per le iscrizioni, così da evitare episodi come quelli accaduti di recente. Ha bisogno che i suoi giovani crescano nella competitività, grazie al rafforzamento dell'attività dei Centri federali territoriali e all'istituzione delle seconde squadre. Ha bisogno delle donne, e di un calcio al femminile che negli ultimi anni ha imboccato la strada per un reale sviluppo. Ma soprattutto, il calcio italiano ha bisogno di tornare a essere un modello: da apprezzare, da studiare, da invidiare all'estero. E questo, sarà possibile solo grazie all'aiuto di tutti. Con l'auspicio che domani, al termine dell'assemblea elettiva, sia il calcio a vincere davvero".

Damiano Tommasi."Esiste già il calcio che vorrei ma non lo si trova dove dovrebbe essere. Pensiamo che il calcio, quello che conta, sia negli stadi pieni o nelle tv più seguite, nelle trasmissioni di punta o in dirigenti "illuminati". Il calcio pensiamo sia fatto dagli imprenditori o dai grandi campioni, dagli sponsor più famosi o che si concretizzi nei trofei più prestigiosi.
Il calcio che vorrei in realtà esiste ed è nascosto nelle pieghe della nostra vita. Nel sorriso che provoca un pallone, nelle serate con gli amici a ricordare partite dimenticate della nostra gioventù, nelle figurine scambiate o attaccate insieme ai nostri figli .Il calcio che vorrei c'è già nelle domeniche sui campi di paese o nelle serate di partite tra colleghi, lo si trova nelle imprese nate con i compagni di squadra e nei racconti di maestri giornalisti che evocano i ricordi.

Il calcio che vorrei esiste ed è il vero motore del calcio che vorrei cambiare. Dobbiamo solo invertire le priorità senza perdere di vista la realtà.

Il calcio urlato e sponsorizzato, quello dei diritti Tv e degli impianti sportivi, quello dei grandi campioni e dei grandi eventi non deve essere accantonato o disprezzato, deve solo ricordarsi da dove viene e dove arriva, alle emozioni della gente.

Il calcio che vorrei c'è ed è in ognuno di noi ma ce ne dimentichiamo troppo spesso".


Tommasi darebbe priorità alle seconde squadre: "Si tratta di un sistema che va introdotto subito, perché i risultati li vedremo tra qualche anno. E il Club Italia va gestito come un club professionistico". La priorità per Gravina? "Il grande obiettivo da centrare è la sostenibilità del sistema, con una migliore distribuzione delle risorse. Questo piano non può che passare da una valorizzazione dei giovani e delle infrastrutture". Per Sibilia invece occorre introdurre norme più restrittive per l’iscrizione ai campionati professionistici: "Anche in questi giorni abbiamo notizia di un’altra società di Lega Pro in grave difficoltà (l’Akragas, ndr) dopo Modena e Vicenza: Seconde squadre? Ok ma riservate ad Under 21".

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