Non è una sorpresa. La Lazio gioca il calcio più bello d’Italia, segna a raffica, difende bene. Otto vittorie consecutive incassando appena due gol. Stefano Pioli ha eguagliato le imprese di Maestrelli e Rossi, sabato può agganciare il record di Eriksson se riuscirà a battere la Juventus a Torino. E’ secondo in classifica, ha appena scavalcato la Roma, viaggia da mesi alle stesse medie di Allegri. Stessi punti (31) dei bianconeri nel 2015, primato nella classifica parziale del girone di ritorno a quota 27, tre lunghezze di vantaggio sulla Signora, a cui ha appena strappato un altro record. Con il poker rifilato all’Empoli, la Lazio ora possiede il miglior attacco del campionato con 58 gol in 30 giornate. Un fenomeno da studiare, da analizzare, da raccontare attraverso diverse chiavi di letture. Ecco i segreti della Lazio.
La distanza è tanta, forse troppa: 12 punti di distacco dalla Juventus a otto giornate dal termine del campionato costituiscono un gap quasi insuperabile. Ma in casa Lazio ci sono alcuni elementi (statistici e scaramantici) che possono far sognare. E i tifosi, sotto sotto, ci sperano, tanto che sui social e nelle community frequentate dai tifosi biancocelesti è già comparso il tormentone: "Non succede, ma se succede...".
Il parallelo, facile, è quello con la stagione 1999-2000, quella del secondo Scudetto conquistato dalla Lazio, in rimonta sulla Juventus. In quella stagione, a otto giornate dal termine del campionato (tante quante ne mancano ora), la squadra di Sven-Goran Eriksson, dopo aver perso per 1-0 in casa del Verona, si ritrovò a meno nove dalla Juve di Carlo Ancelotti, vittoriosa per 3-2 nel derby. Da quel momento in poi, però, Veron e compagni iniziarono una strepitosa rimonta, culminata con il tricolore del 14 maggio.
Nelle ultime otto gare della Serie A 1999-2000, la Juventus raccolse la miseria di 12 punti, perdendo con Milan, Lazio, Verona e Perugia, e chiudendo a 71 punti. La Lazio invece in otto giornate conquistò 22 punti, vincendo il titolo a quota 72: pareggio per 3-3 con la Fiorentina e sette vittorie, comprese quelle con la Roma e con la stessa Juventus, nello scontro diretto del Delle Alpi vinto grazie a un gol di Simeone.
Allora la Lazio partiva da un -9, stavolta da un -12, ma la Juventus di quell'anno, a differenza di quella di Allegri, non aveva una Champions League da giocarsi in contemporanea con la lotta per lo Scudetto. In più, per quanto riguarda le statistiche care agli scaramantici, i due calendari (del 1999-2000 e di quest'anno) ripropongono alcune sfide in comune: la trasferta a Torino e il derby per la Lazio; la trasferta al Bentegodi per la Juve (oltre al match con i biancocelesti).
Per chi poi vuole aggiungere scaramanzia a scaramanzia (liberi i tifosi juventini di toccare ferro), c'è un altro parallelo storico da considerare: il 2000 fu l'anno del Grande Giubileo della Chiesa Cattolica, mentre per quest'anno Papa Francesco ha da poco deciso che ci sarà un Giubileo straordinario. Straordinario come sarebbe uno Scudetto conquistato dalla Lazio di Pioli in rimonta sulla Juventus.
Stefano Pioli non nega che il progetto scudetto è possibile anche nella Lazio. Le parole di Igli Tare su un possibile tricolore biancoceleste nei prossimi due-tre anni hanno convinto anche il tecnico dei capitolini che spiega: «Le componenti che possono permetterti di fare un salto così sono diverse e sicuramente non è facile. Le strutture, la programmazione, la mentalità, i giocatori e l'ambiente sono importanti: se vediamo queste voci, credo che la Lazio si stia attrezzando per poter competere ad alti livelli. La società si è già mossa sul mercato in vista della prossima stagione per avere una squadra sempre competitiva, i giocatori di qualità già ci sono». Insomma la Lazio può ambire in alto e se lo scudetto non è possibile già quest'anno la Champions League è ancora un obiettivo al quale Pioli crede: «Dobbiamo puntare a fare più punti possibili da qui al termine della stagione, poi tireremo le somme» precisa il tecnico della Lazio nella classica conferenza stampa di Formello alla vigilia della sfida contro il Palermo.
Se la Lazio oggi gioca il calcio più bello della serie A e ha ripopolato l’Olimpico, lo deve al suo allenatore. Si batterà con Allegri per la panchina d’oro a Coverciano. Ha lasciato il segno alla prima stagione in una piazza così complicata e prestigiosa. Veniva dal Bologna, in precedenza aveva allenato il Chievo e diversi club in B. S’è dimostrato tecnico di grande profilo. Dal punto di vista tattico, ha trasformato la Lazio. Propone un calcio offensivo, gioca all’attacco, diverte. Ha sgretolato lo scetticismo iniziale e ha soprattutto convinto i giocatori. Lo seguono, accettano le sue scelte. Ha formato il gruppo, acquistando credibilità all’interno dello spogliatoio.
La Lazio è l’espressione del calcio più bello praticato oggi in serie A. Ha un’anima italiana nell’ossatura della squadra e olandese nell’interpretazione. Nel girone d’andata aveva sorpreso per possesso palla, pressing, capacità di aggredire. Nei mesi è diventata una squadra matura, capace di gestire le partite, si difende meglio, sa sfruttare gli strappi e le accelerazioni dei suoi top player per ripartire in contropiede. Segna di testa, colpisce dalla distanza, sfrutta gli inserimenti dei centrocampisti, trova ampiezza nella manovra spingendo sulle fasce. Un calcio totale rappresentato dal miglior attacco (58 gol) della serie A e dall’imprevedibilità dei giocatori offensivi. Klose e Felipe Anderson hanno segnato 10 gol, Mauri 9, Candreva, Parolo e Djordjevic 7. Nessuno in Europa ha tanti marcatori in squadra.
Si tende a sottovalutare il valore di alcuni giocatori. La Lazio quest’anno ha allestito un organico super per varietà di alternative e qualità. De Vrij-Biglia-Klose: è questa la spina dorsale della squadra di Pioli. L’olandese è stato eletto miglior difensore al Mondiale in Brasile, dove è arrivato terzo. Biglia era il play aggiunto dell’Argentina di Messi e Aguero, sconfitta in finale dalla Germania. Klose è semplicemente il centravanti che ha segnato più gol nella storia dei Mondiali. Parliamo di questi tre ed è superfluo sottolineare l’esplosione di Felipe Anderson. Gol e assist: è diventato in pochi mesi il giocatore più decisivo della serie A. Si identifica la Lazio nel brasiliano ex Santos. Sarebbe un torto trascurare Candreva e Mauri. E ancora Parolo, Lulic, Cataldi, Keita, Basta, Marchetti, Radu e così via. Una squadra così forte Lotito non l’aveva mai costruita. E’ una Lazio piena di stelle.
Un altro segreto è il ritrovato entusiasmo. L’amore della gente e l’energia emotiva che circonda oggi la Lazio, sono diventate il valore aggiunto. Bisogna rendere merito ai tifosi della Curva Nord, come al solito trascinanti.
Nessun commento:
Posta un commento