Codice monitoraggio
venerdì 30 maggio 2014
Tommaso Ghirardii: «Vendo il Parma. Ho chiuso con il calcio»
Il presidente: «Mi sono dimesso da presidente, mi hanno tolto un successo meritato sul campo. Vi dovete vergognare» Dimissioni e toni durissimi. Tommaso Ghirardi ha indetto una conferenza stampa dopo l'esclusione del Parma dall'Europa League. E si è sfogato: «Io con il calcio ho chiuso, con lo sport ho chiuso per sempre, vi dovete solamente vergognare. Mi sono dimesso da presidente, da oggi la società è in vendita. Ho seguito i consigli delle istituzioni e sono stato bocciato sia in primo che in secondo grado pensare che possa aver voluto risparmiare 300.000 euro quando ne ho spesi 13 milioni per la squadra e altri 6-7 li perderò per la mancata partecipazione alla Coppa Uefa. Chi potrà rimborsare questo danno lo valuterò con serenità». Qui c'è gente perbene, civile. Mi ritiro e non rispondo al cellulare. Non ho nulla da dire a chi mi chiama. Faccio un in bocca a lupo a Leonardi che dovrà tenersi sulle spalle questo club».
E ancora: «Onorerò i miei impegni fino al 30 giugno. Poi, comincerà un’altra storia. Da oggi il 100% del Parma è in vendita». Ghirardi, presidente del Parma, si esprime così nella conferenza stampa convocata dopo l’esito negativo del ricorso presentato dal club emiliano all’Alta Corte. Il Parma non ha ottenuto la Licenza Uefa ed è quindi stato escluso dall’Europa League.
«Me ne vado dopo aver conquistato sul campo l’accesso alla Coppa Uefa. Da oggi tocca a qualcun altro dimostrare la passione che io ho avuto in tutti questi anni», dice visibilmente emozionato. «Sono riusciti a farmi andar via dal mondo dello sport, a farmi lasciare la passione più grande della mia vita e di questo se ne devono vergognare. Io con lo sport ho chiuso, me ne torno al mio paesello», ha dichiarato Ghirardi in conferenza stampa.
Dal primo luglio inizia un’altra storia. Da oggi il 100% del Parma è ufficialmente in vendita. Me ne vado da vincitore», ha aggiunto Ghirardi. Che poi spiega: «Ho raggiunto la Coppa Uefa sul campo e ne vado fiero. Per un errore che non ritengo tale, dello 0.60% sulla cifra totale da pagare, abbiamo perso quanto guadagnato sul campo». Poi il durissimo attacco alle istituzioni dello sport: «Sono stato giudicato da gente che non ha mai fatto sport. Oggi qui ci sono tanta persone che non sono andate al lavoro per stare vicini al Parma”. Non siamo stati rispettati perché siamo troppo corretti, ma questo non è il nostro mondo. Noi siamo gente per bene, mentre questo mondo è fatto per gli urlatori, per chi protesta e per chi spara».
mercoledì 28 maggio 2014
Mondiali Brasile 2014, scontri tra polizia e indios
La polizia militare brasiliana ha disperso sparando gas lacrimogeni una manifestazione di indios che protestavano a Brasilia contro i Mondiali di calcio.
Proteste a Brasilia contro i mondiali, in migliaia in strada. Presenti anche cinquecento indigeni della foresta amazzonica vestiti coi costumi tradizionali. Dichiarato lo stato di emergenza a Manaus, che il 14 giugno ospiterà la prima gara mondiale di Italia e Inghilterra.
L’obiettivo? Protestare contro un progetto di legge che trasferisce a deputati e senatori il potere di demarcare le loro terre, potere oggi detenuto dal Funai, acronimo di Fondazione Nazionale dell’Indio. Quaranta minuti di sfilata con molti cacique con tanto di cocar in testa (così si chiama il colorato copricapo tipico indio) gran parte dei quali vestiti nei costumi tradizionali e con i volti dipinti con colori sgargianti che contrastavano col bianco dell’opera di Oscar Niemeyer che accoglie il potere legislativo.
Le forze dell’ordine protette da caschi e giubbotti antiproiettile che sparano lacrimogeni ad altezza uomo, gli indios a torso nudo e con copricapi di piume che rispondono scagliando frecce dai loro archi. Episodi avvenuti, nei pressi dell’Estadio Nacional Mané Garrincha, tutte le contraddizioni sociali e politiche che accompagnano i Mondiali di Brasile 2014. Le proteste, organizzate dai movimenti Nao Vai Ter Copa, volevano impedire l’esposizione al pubblico del trofeo mondiale, e sono riuscite.
E dall’Amazzonia giungono altre notizie disastrose. Il governatore della regione ha dichiarato lo stato di emergenza a Manaus, città al limitare della foresta che il 14 giugno ospiterà la prima gara mondiale di Italia e Inghilterra nell’inutile e faraonico stadio Arena da Amazonia, un impianto costato circa 250 milioni di euro e che a fine mondiale rimarrà una immensa cattedrale nel deserto: nella zona giocano solo minuscoli club di seconda serie che in questi mesi hanno portato nemmeno mille spettatori in un impianto che ne contiene quarantamila.
Se dopo i violentissimi scontri a Belo Horizonte, Manaus, Porto Alegre, Rio de Janeiro e San Paolo, a Brasilia si sono scomodati gli indios, capaci di arrivare in città con archi e frecce, e di usarli, significa che questo Mondiale invece di narcotizzare le contraddizione sociali del paese, le sta veramente esacerbando. Come se il calcio avesse smesso tutto d’un tratto di essere l’oppio dei popoli, e fosse invece diventato un mezzo per accrescerne la coscienza.
Gli indios sono stati fatti scendere dal tetto del Parlamento, ma si sono riuniti ad altri manifestanti – quelli dell’associazione “Coppa delle Manifestazioni”– e hanno marciato insieme verso lo stadio Mané Garrincha, lo stadio costato un miliardo e mezzo di reais (mezzo miliardo di euro) in una città in cui il Brasilia FC milita in quarta divisione.
Infine si scontravano con la Polizia a cavallo e qui avveniva il fattaccio, un indio scagliava una freccia in direzione dei militari e cominciava il lancio di lacrimogeni che disperdeva la manifestazione. Tutto questo bailamme di emozioni oltre a bloccare il traffico di Brasilia faceva anticipare di 4 ore l’esposizione del trofeo organizzato proprio ieri nei pressi dello stadio.
Tutto finito dunque? Neanche per idea. Mancava ancora l’ultimo tassello , quello messo da Joana Havelange, nipote di Havelange nonché figlia dell’ex capo della CBF Ricardo Teixeira ma, soprattutto, direttrice del COL, il Comitato che organizza a livello locale i Mondiali. Ieri ha pensato bene di postare su Istangram la seguente illuminante frase: «Quello che doveva essere rubato è già stato rubato». Scoperta da un giornalista l’ha tolta subito, adducendo che la frase non era sua ma l’aveva semplicemente ri-postata.
Cagliari, Cellino: venduto a gruppo Usa manca a firma
Il presidente uscente conferma l'intesa con una cordata americana. Resta da definire il nodo legato al nuovo stadio.
Dopo 22 anni il Cagliari cambia proprietà. Il presidente Massimo Cellino ha venduto la società al gruppo Usa. La conferma arriva dallo stesso Cellino, al termine di una lunga riunione appena conclusa a Miami. "Sono felicissimo. Dio li benedica, ora saranno loro a lottare con la burocrazia", ha detto Cellino.
Manca solo la firma, ma l'accordo di massima con tanto di foto e stretta di mano finale c'è. Il Cagliari Calcio passa al fondo americano interessato non solo al club, ma anche allo stadio.
E' l' esito del lungo incontro che si è svolto a Miami tra Cellino e i rappresentanti del gruppo statunitense, guidati in Italia dal manager Luca Silvestrone che, con l' architetto Dan Meis, lo stesso che costruirà il nuovo stadio della Roma, avevano già incontrato a Cagliari il sindaco Massimo Zedda per parlare appunto del progetto per la costruzione di un nuovo stadio. "Sono felicissimo - ha commentato Cellino a fine incontro - spero che facciano fare a loro ciò che non hanno fatto fare a me. Abbiamo raggiunto un accordo e abbiamo abbozzato una lettera di intenti che prevede il loro ingresso nella società a scaglioni". Cellino vende oltre al Cagliari, anche il centro sportivo di Assemini, i terreni di Elmas (dove sarebbe dovuto sorgere lo stadio privato) ma non la sede del club. "E' un mio ricordo personale - ha concluso Cellino, presidente del Cagliari dal 1992 - la darò in affitto tranne l' ultimo piano, dove terrò gli uffici della mia società".
Cellino vende oltre al Cagliari, anche il centro sportivo di Assemini, i terreni di Elmas (dove sarebbe dovuto sorgere lo stadio privato) ma non la sede del club. Unica condizione: i nuovi acquirenti vogliono subito sapere dove si potrà giocare il prossimo campionato, visto che quest'anno il Cagliari è stato costretto a disputare le gare interne in un Sant' Elia con capienza ridotta a meno di cinquemila spettatori.
martedì 27 maggio 2014
Consiglio Figc dice stop a comproprietà giocatori
Nel corso del Consiglio Federale della Figc sono state prese decisioni importanti, fra le quali l'abrogazione dell’istituto delle compartecipazioni dei calciatori. Dalla prossima finestra di mercato, quindi, le società non potranno più acquistare giocatori in comproprietà. "Resta la possibilità di rinnovare per un anno quelle ancora in essere - ha spiegato il presidente della Figc Giancarlo Abete - ma si tratta di una norma transitoria, l’istituto viene meno fino ad esaurimento".
Lo stop alle comproprietà è stato deciso su input della Federcalcio. "Non tutte le società della Lega di Serie A erano favorevoli, anche se la maggioranza era d'accordo - ha ammesso Abete al termine del Consiglio federale -. Non è stata una proposta della Lega, bensì una proposta diretta da parte della Federazione". "Nei prossimi mesi verrà fatto un censimento della situazione" sulle compartecipazioni ancora vigenti, ha aggiunto Abete, "ma era evidente l'atipicità di questo istituto nel quadro normativo europeo, e anche in quello fiscale. Le comproprietà non saranno più possibili". Il consiglio federale ha inoltre ufficializzato le date del calciomercato. I tesseramenti in ambito professionistico saranno possibili da martedì 1 luglio a lunedì 1 settembre (fino alle 23), e da lunedì 5 gennaio a lunedì 2 febbraio (sempre fino alle 23).
Abete ha preannunciato anche altre novità. Giovedì 29 maggio tutte le componenti interne del mondo del calcio italiano si riuniranno attorno a un tavolo per discutere del progetto di riforma dei campionati professionistici. "In questa ottica - ha spiegato - il Consiglio ha approvato una norma transitoria in base alla quale le modifiche dell'ordinamento dei campionati nonché i criteri di promozione e retrocessione, deliberati entro il 30 settembre prossimo, andranno in vigore nella stagione sportiva 2015/16". "Il tavolo si apre dopodomani ma è stato importante approvare la norma transitoria - ha aggiunto Abete - perché consente di non bloccare più al 30 giugno il termine per eventuali modifiche. E' la dimostrazione che c'è la disponibilità ad affrontare la tematica della riscrittura dei campionati, anche se quello che interessa maggiormente, al di là del numero di società della Lega Pro, è il rapporto tra Serie A e Serie B".
Per la prossima stagione (2014/15), il Consiglio federale ha poi affrontato il tema dei ripescaggi. I criteri e le procedure approvati per i campionati professionistici prenderanno in considerazione tre voci: classifica finale dell'ultimo campionato (50%), tradizione sportiva della città (25%), e numero medio degli spettatori dalla stagione 2008/09 a quella 2012/13 (25%).
domenica 25 maggio 2014
Pillole di calciomercato dalla Spagna all’Italia andata e ritorno
Dalla Spagna filtrano nuove indiscrezioni sulla trattativa fra Juventus e Barcellona per Alexis Sanchez (25): in particolare, secondo la stampa catalana, i bianconeri avrebbero formulato un'offerta da 15 milioni di euro per il cileno, già rifiutata dal Barça che non sarebbe disposto a scendere sotto i 25. Probabile che la Juventus torni alla carica con un'offerta da circa 20 milioni di euro, mentre in Catalogna non si abbandona la speranza di allargare la trattativa ad almeno uno tra Arturo Vidal, Paul Pogba.
Sarà stata la capacità di adattarsi all'inedito ruolo di mezzala costruitogli addosso da Carlo Ancelotti, sarà stata la prova da mvp nella finale di Champions League, peraltro successiva alla prestazione monstre in Copa del Rey. O forse sarà stata la consapevolezza che uno così non lo si può lasciar partire senza poi pentirsene, anche se in squadra rimangono Cristiano Ronaldo e Gareth Bale. Qualcosa sarà successo, perché nelle ultime settimane Angel Di Maria (26) si è ripreso il Real Madrid, con la classe che lo contraddistingue da quando calciava sui campetti di Rosario in Argentina e che lo ha portato a sfornare ben 24 assist stagionali (di cui 17 nella Liga, ndr), ma anche con una forza ed una determinazione che forse gli erano mancate nei suoi primi anni nelle fila delle merengues. Quando si diceva che fosse fortissimo, per carità, ma forse sacrificabile. Fino a qualche settimana fa era in partenza, con numerose squadre, la Juve su tutte, pronte a sgomitare per mettere a segno il colpo che può rivoluzionare una rosa. Oggi non è più così: lo conferma Sky Sport, secondo cui il Real avrebbe cambiato idea sul suo futuro: El Fideo resta a Madrid, al Madrid, come lo chiamano in Spagna. Una conferma di cui forse non vi era neanche bisogno, sarebbe bastato guardare le sue ultime prestazioni.
Il Real Madrid non molla Raphaël Varane (21), difensore centrale individuato da José Mourinho quale ideale erede di David Luiz nelle fila del Chelsea. Pare infatti che le merengues non abbiano intenzione di privarsi del gioiellino francese, che rappresenta non solo un'alternativa estremamente affidabile ad uno tra Pepe (31) e Sergio Ramos (28), ma soprattutto la colonna su cui fondare la difesa galactica del futuro.
Carlo Ancelotti, comunque non sarebbe potuto tornare al Milan che l'ha liquidato come un peso, un incomodo, uno da rottamare, insieme ai guerrieri rossoneri che hanno fatto diventare mago Berlusconi, anche Galliani, poi condannati a vederlo vincere con il Chelsea, il Paris SG e trionfare con il Real cui ha consegnato la Decima attesa da dodici lunghi anni. Il trionfatore della Champions, uno che l'ha vinta cinque volte - due sul campo, tre in panchina, come Bob Paisley con il Liverpool, ma Carlo con due squadre, Milan e Real. All'Estadio da Luz dove i madridisti cantavano la sua gloria Carlo s'è presentato per ultimo, dopo i "suoi ragazzi", e ha lasciato che la passerella con la Coppa dalle Grandi Orecchie l'aprisse Casillas, farfalliere di turno, e che Cristiano Ronaldo la facesse da re davanti al re vero, Juan Carlos, solo per avere segnato su rigore il 4-1 dell'ingiusta umiliazione inferta all'Atletico del Coraggio. Facciano tesoro dell'esperienza felicissima di Ancelotti, Conte e la Juve: chi ha visto la emozionante partita con l'Atletico del Coraggio e ha vissuto la sofferenza dei blancos sa che non ha vinto il fatturato ma il lavoro scrupoloso del Signore di Campagna capace di trasformare i soliti Galacticos stramilionari in una squadra unita e scaltra - quasi italiana - esaltata da Sergio Ramos, un difensore, prima con il Bayern poi con l'Atletico.
sabato 24 maggio 2014
Champions League 2013/2014 è derby di Madrid
Un derby che vale la Champions League: Real e Atletico si contenderanno a Lisbona il trofeo più prestigioso della stagione agonistica 2013/2014. Per la prima volta, due squadre della stessa città giocheranno per conquistare la coppa dalle grandi orecchie e c'è anche un po' di Italia nella sfida tra Carlo Ancelotti e Diego Simeone, una piccola consolazione per il calcio italiano. Madrid si sente per una notte capitale d'Europa, la Spagna conta di fare della finale di domani solo il prologo di altri trionfi mondiali. E tutti i riflettori saranno puntati sullo stadio Da Luz di Lisbona: in città sono attesi 120mila tifosi spagnoli, anche se allo stadio saranno solo in 65mila. Il Real, nonostante Ancelotti tenda ad alleggerire la tensione, insegue la 'Decima', una vera e propria ossessione per le merengues perché a dispetto di tutti i proclami, non vincerla, equivarrà ad un fallimento.
L'Atletico, invece, dopo la vittoria in campionato, insegue la sua prima Champions. I favori del pronostico pendono per Cristiano Ronaldo e compagni, ma quanto fatto fin qui da Simeone con i 'colchoneros' lascia ampie chance per l'Atletico, squadra forgiata da Simeone a sua immagine e somiglianza, tutta grinta, tecnica e cuore, fin oltre l'ostacolo. Il 'Cholo', sulla panchina dell'Atletico da tre anni e con una bacheca già piena di trofei (l'Europa League e Supercoppa europea nel 2012, la coppa del re lo scorso anno, e la Liga appena una settimana fa) vuol scrivere la storia del club rojiblanco e conquistare la prima Champions. "Paura di perdere? No, nei miei giocatori ho visto solo gioia - le parole di Simeone nella conferenza stampa della vigilia - nel giocarsi questa occasione. Abbiamo lavorato come sempre e siamo preparati per giocare domani. Dobbiamo stare tranquilli fino alla fine e dare una gioia ai nostri tifosi. Sono cresciuto insieme a questo gruppo. In questo momento sono in una fase importante e sto provando a viverla con responsabilità e non con la pressione che altri credono".
I dubbi della vigilia sono legati all'impiego o meno di Diego Costa e Arda Turan: "Se non giocheranno Costa e Arda giocheranno altri che sono in forma per farlo, non ci saranno problemi - sottolinea il 'Cholo' - Non sappiamo come giocheranno i nostri avversari, abbiamo studiato diversi moduli e ci siamo allenati secondo le opzioni che potremo trovare in partita. Dobbiamo essere versatili in base a quello che proporranno. Siamo una squadra compatta e arriviamo a questa sfida sapendo di poter essere competitivi". "Fin dal primo giorno che sono arrivato qui tutto ha ruotato intorno alla 'decima' - le parole di Carlo Ancelotti in una intervista rilasciata a 'Daily Mail' - so bene le pressioni che ci sono ma non è una ossessione". Invece, una sconfitta domani sera, avrebbe il sapore del fallimento dopo il flop in campionato nonostante una campagna acquisti stellare con i cento e passa milioni di euro spesi per Gareth Bale.
Qualche problema in più dovrebbe averlo invece Simeone: Diego Costa, infortunatosi una settimana fa, durante il match con il Barcellona, dà segnali di ripresa ma se dovesse essere della partita non sarà al 100 per cento e soprattutto non potrà giocare tutti e 90 minuti. Lo stesso vale per Arda Turan. neocampioni di Spagna dovrebbero utilizzare il 4-4-2 con Courtois in porta, Juanfran e Felipe Luis sulle fasce e Miranda e Godin al centro. A centrocampo Simeone recupera Arda Turan a destra con Koke a sinistra e Gabi e Tiago centrali. L'unico punto interrogativo resta in attacco dove a fianco di Villa, in caso di forfait di Diego Costa, il posto se lo giocheranno Adryan e Raul Garcia, con quest'ultimo leggermente favorito per una maglia da titolare.
martedì 20 maggio 2014
Mondiali 2014: Cesare Prandelli, per Antonio Cassano è l'ultima chance
Il c.t.: "Ho preferito i giovani: serve più corsa che esperienza. Rossi: servono risposte sulla condizione, ma lui ha già vinto. Scelte? Non ho lasciato a casa nessun vincitore di Champions. Battuta infelice, come quella su Criscito".
L'esperienza non è così determinante rispetto alla freschezza, alla forza e alla corsa", dice il c.t. azzurro. "Ho già un'idea di massima su chi porterò - continua -, sperò però di avere dubbi fino all'ultimo, vorrebbe dire che qui ogni ragazzo è venuto con la testa giusta. In ogni modo, punto a un gruppo duttile, capace di interpretare più moduli
Primo allenamento a Coverciano per gli azzurri di preparazione ai Mondiali in Brasile. Da ieri sera in ritiro, la Nazionale agli ordini di Cesare Prandelli si è data appuntamento stamani per la prima delle due sessioni di lavoro giornaliere: prima parte in palestra, poi lavoro differenziato per i quattro portieri, mentre il primo gruppo di giocatori a scendere in campo, facendo corsa leggera, sono stati Alberto Aquilani, Riccardo Montolivo, Manuel Pasqual e Romulo.
Prandelli, durante la conferenza stampa che ha aperto il raduno premondiale, ha detto che la "squadra è organizzata, perché arrivi in finale. Se notate che la squadra ha entusiasmo, mi fa piacere - ha proseguito - e ricordiamoci che andiamo al mondiale a giocare al calcio, a divertirci. Cassano sa che è l'ultima chance. Si è rimesso in gioco, ha azzerato tutto, ha capito che questa è la sua grande occasione. Tutti - ha proseguito il ct - non solo Cassano, devono capire che possono incidere cinque, 10 o 80' - ha aggiunto - ma dobbiamo mettere al centro il noi non l'io, altrimenti saranno problemi." Prandelli si è anche scusato con Criscito per la sua "battuta infelice". "Non credo di aver lasciato a casa Cabrini o Maldini" aveva detto Prandelli dopo la mancata convocazione del giocatore.
"Mi scuso con Criscito, la mia è stata una battuta infelice": Lo ha detto il commissario tecnico della Nazionale, Cesare Prandelli, nella conferenza stampa che ha aperto il raduno degli azzurri, in vista del Mondiale, a Coverciano.
domenica 18 maggio 2014
La Juventus chiude con 102 punti, è vero record europeo?
Un
altro record per la Juve: la squadra bianconera, campione d'Italia con due
giornate d'anticipo, vince anche l'ultima partita (3-0 al Cagliari), fa l'en
plein di successi in casa (19 su 19, da primato) e chiude il campionato a 102
punti. Non era mai riuscito a nessuna squadra in Europa.
Il
Celtic fece 103 punti ma in un torneo a dodici squadre, su 38 partite. Lo
scudetto alla Juventus è stato assegnato ufficialmente e già il web grandina di
proteste da parte di chi la squadra bianconera non la può proprio digerire: il
record di punti, dicono infatti gli informatissimi internauti, è del Celtic,
che in Scozia - giurano - ne ha collezionati 103. I post sono un crepitare di
sfottò: ce n'è anche per i giornalisti televisivi e la loro
"disinformazione". In effetti, la squadra scozzese vinse il
campionato nazionale 2002 con 103 punti: ma in un torneo a dodici squadre, su
38 partite, ma non a girone unico come quello italiano (ogni squadra si
affrontava tre volte, più cinque partite di play off).
La
Juve non è la prima in assoluto ad aver superato il muro dei 100 punti, in Europa.
Il Real vinse lo scudetto in Spagna nel 2012 con 100 punti esatti. Il paragone
più frequente è quello col Benfica di Sven Goran Eriksson, campione di
Portogallo '90-'91: era un campionato con due punti a vittoria, parametrato
sulla vittoria da tre quella squadra sarebbe arrivata a quota 101. Infine, un
risultato migliore di quello della Juve: il Celtic Glasgow vinse lo scudetto di
Scozia nel 2002 a quota 103 su 38 partite, ma non era un campionato a girone
unico. C'erano 12 squadre, una fase a girone unico e poi i play off.
Mario Balotelli possibile addio al Milan
Ancora voci di mercato sul possibile addio di Mario Balotelli. Nonostante le parole di Raiola rilasciate pochi giorni fa, tutto sembra al momento fuorché incedibile.
Balotelli, addio Milan. L'Arsenal è in pole»Secondo la stampa inglese, Gunners favoriti sul Monaco. Il futuro di SuperMario non sarà più con la maglia rossonera. Ne è convinto il Daily Star che parla di un forte interessamento di due club: il Monaco ma soprattutto l'Arsenal. Secondo il giornale inglese, i Gunners sarebbero in pole position per l'attaccante del Milan. Wenger vuole affiancare a Giroud un'altra punta di livello. Il Milan non ha ancora preso una decisione in merito, quel che è certo è che difficilmente Mario potrà lasciare il club rossonero senza una cifra adeguata che si aggira tra i 25 e i 30 milioni di euro.
Secondo quanto riportato dal Daily Star, l’Arsenal sarebbe il club maggiormente interessato all’acquisizione a titolo definitivo dell’attaccante rossonero. Un ritorno in Premier League non è da escludere, Balotelli non ha mai disdegnato quell’esperienza. Resta il fatto che ci sono molti altri club pronti a farsi avanti, come il Monaco.
Etichette:
Arsenal,
Mario Balotelli,
milan,
Monaco
venerdì 16 maggio 2014
Benfica: la maledizione di Béla Guttmann
Nel 1962 il Benfica di Eusebio vinse la sua seconda Coppa dei Campioni consecutiva, poi la rottura tra la società portoghese ed il suo tecnico di allora, che predisse: «Da qui a 100 anni questo club non vincerà più una Coppa». La leggenda dice che furono queste le parole pronunciate dal grande allenatore ungherese Béla Guttmann, il primo maggio del lontano 1962. E ditelo ai tifosi portoghesi che nel calcio la superstizione conta poco. Chiedetelo a loro se è davvero così, dopo aver perso otto finali in cinquant’anni.
Nel lontano 1962, il grande Benfica di Eusebio, vinse la sua seconda Coppa dei Campioni consecutiva. E la vinse alla grande, battendo il Real Madrid di Puskas e Di Stefano con un prestigioso 5-3. L'allenatore delle aquile portoghesi, Bela Guttmann, (tecnico ungherese di origine ebraica e giramondo), forte di questo successo, chiese al presidente del Benfica un adeguamento del suo contratto (un aumento). Di fronte al rifiuto del presidente, il tecnico decise di andarsene sbattendo la porta, e lo fece lanciando una "maledizione" al club
E Béla Guttmann, allenatore del grande Benfica campione di tutto ad inizio Anni Sessanta, non era un uomo qualunque. Scampato all’olocausto per miracolo. Giramondo ben prima della globalizzazione del calcio, che ha portato in Austria, Italia, Argentina, Cipro, Brasile, Portogallo, Uruguay, Svizzera, Grecia. Capace di insegnare ai brasiliani il loro modo di giocare, il 4-2-4 tutto attacco e fantasia con cui poi la nazionale verdeoro avrebbe stupito il mondo a Svezia 1958 (il Mondiale di Dìdì, Vavà, Garrincha e Pelè).
Uno così, dopo aver vinto due finali consecutive di Coppa dei Campioni (contro il Barcellona di Luisito Suarez, e il grande Real di Puskas, Gento e Di Stefano), probabilmente un aumento di stipendio lo avrebbe anche meritato. Invece nulla. E siccome non era un uomo comune neppure negli addii, se ne andò sbattendo la porta. E scagliando un anatema secolare.
Da quel giorno, oggi, sono passati 52 anni. E il Benfica ha perso otto finali europee consecutive. Passi quella del ‘62/’63 contro il Milan di Gianni Rivera: il tris sarebbe stato eccessivo. O quella ‘64/’65 contro la Grande Inter di Helenio Herrera, squadra destinata a far la storia. Poi, però, le sconfitte si sono fatte sempre più beffarde. Ai supplementari col Manchester nel 1968. All’ultimo minuto, l’anno scorso in Europa League, con il Chelsea. Ai rigori nel 1988 contro il Psv Eindhoven. E di nuovo ieri sera, contro il modesto Siviglia dominato vanamente per 120 minuti.
Senza riuscire a segnare perché vincere era impossibile. La maledizione non si cancella: Béla, scomparso da più di trent’anni, non è ancora appagato della sua vendetta. A nulla sono valsi i pellegrinaggi dei tifosi sulla tomba del vate magiaro, per chiedere perdono per l’ingratitudine umana, per implorare uno sconto. Prima della finale di Coppa Campioni del ’90 (giocata e ovviamente persa contro il Milan) anche Eusebio andò a far visita alle spoglie del suo maestro: ma neppure le lacrime della Pantera Nera, il più grande portoghese di tutti i tempi, creatura scoperta e plasmata da Guttmann, riuscirono a scalfire la maledizione. Contro cui non ha potuto nulla Jorge Jesus, che col suo cognome è riuscito a far risorgere le Aquile dal devastante finale di stagione 2013 (sconfitta in finale di Europa League, di Coppa del Portogallo e campionato perso all’ultima giornata).
Povero, maledetto Benfica. A volte l’ineluttabilità del destino è spaventosa. Per questo il dramma dei tifosi portoghesi non è solo questione di coppe e di pallone. Ha scritto qualcuno più bravo di me: “La vittoria non ti cambia la vita, la sconfitta sì”. Vero. Perché poi quando vinci è davvero un’emozione speciale. E lo sarà per il Benfica. Dovessero volerci anche altri 48 anni.
FINALI PERSE
1962/1963 – finale di Coppa Campioni persa, in rimonta, contro il Milan
1964/1965 – finale di Coppa Campioni persa per 1 a 0 contro l’Inter
1967/1968 - finale di Coppa Campioni contro il Manchester United: gli inglesi vinsero dopo i tempi supplementari
1982/1983 – finale di Coppa Uefa, che all’epoca si giocava in due partite, tra andata e ritorno, persa contro la squadra belga dell’Anderlecht
1987/1988 – finale di Coppa Campioni, persa ai rigori contro gli olandesi del PSV Eindhoven
1989/1990 – finale di Coppa Campioni persa contro il Milan
2012/2013 – finale di Europa League, persa contro il Chelsea all’ultimo minuto
2014 - Finale di Europa League a Torino, persa ai rigori contro il Siviglia
giovedì 15 maggio 2014
Ciro Immobile dice no alla Juventus
L'attaccante del Torino e capocannoniere della serie A: «Il mio agente a Dortmund ci è andato perché ha parenti in Germania... E nel Napoli giocherei, perché è la mia città». La Juve no, il Napoli perché no, sul Borussia Dortmund un dribbling di quelli che lo hanno portato a diventare capocannoniere in serie A. Ciro Immobile, ospite di 'Chiambretti Supermarket' ieri notte su Italia1, ha offerto qualche sprazzo di anticipazione sul suo futuro. "Io alla Juve? Non credo succederà, no. Il mio agente a Dortmund ci è andato perché ha parenti in Germania... E nel Napoli giocherei, perché è la mia città", ha detto il centravanti del Torino, rispondendo alle domande del conduttore e tifoso granata, Pietro Chiambretti. "È vero, a Torino vivo in affitto nella casa di Chiellini - ha detto sorridendo Immobile - Vorrà dire che se vado alla Juve me la dà gratis. Siamo compagni di squadra...dico in nazionale...".
Incluso nella lista dei 30, Immobile punta dritto a un posto per i Mondiali: "Il primo obiettivo è stato raggiunto: ora i giorni dell'allenamento a Coverciano per dimostrare a Prandelli di meritare anche di stare tra i 23". E il codice etico su Chiellini? "Ho visto la gomitata, non mi è sembrata così cattiva - la risposta di Immobile - Lo conosco, non è cattivo, come non lo è Destro. In campo l'agonismo ti può portare a fare queste cose, poi finisce lì".
martedì 6 maggio 2014
Giovanni Malagò: daspo, ultras ed il metodo Thatcher
Bisogna fare come la Thatcher con gli hooligans». Giovanni Malagò pensa al modello inglese come possibile soluzione al problema della violenza nel calcio italiano, un tema tornato prepotentemente alla ribalta dopo i gravi disordini che hanno preceduto la finale di coppa Italia all'Olimpico di Roma fra Napoli e Fiorentina. Incalzato sulla questione al termine della Giunta, il presidente del Coni ha evidenziato la necessità di un giro di vite sulla falsariga di quello con cui, alla fine degli anni Ottanta, la Lady di ferro dichiarò guerra alle frange organizzate del tifo.
«Io non legifero, quindi auspico che questo avvenga», ha detto il numero uno dello sport italiano, secondo il quale «più che di pene certe è indispensabile avere la certezza immediata della pena senza possibilità che l'argomento sia rivisitabile da parte della persona colta in flagranza». Esempio: «Non credo che lo stadio del Villarreal sia tecnologicamente piu' avanzato dell'Olimpico -ha aggiunto facendo riferimento all'episodio di razzismo di cui è stato vittima Dani Alves del Barcellona-. Ma lì la persona che ha tirato la banana è stata interdetta dallo stadio a vita e arrestata, punto. Questo bisogna fare».
«È evidente che se ci sono dei costi da pagare è giusto che paghino le società. Non è giusto che paghi la gente che non vuole andare allo stadio con la fiscalità generale. Ma fermiamoci un attimo, evitiamo che gli sciacalli della campagna elettorale sfruttino i feriti. Dal 26 maggio discutiamo sulle misure che ci servono". Così Matteo Renzi, al Tg5, ribadisce l'intenzione del governo di prendere dopo le elezioni nuove misure dopo gli incidenti di Coppa Italia.
Il questore di Napoli Guido Marino ha firmato un provvedimento di daspo per 5 anni. Di Tommaso era stato destinatario già in passato di analogo provvedimento, rispetto al quale aveva fatto ricorso, vincendolo. Il capo ultrà napoletano è stato anche denunciato per istigazione a delinquere, ha comunicato il ministro dell'Interno Alfano. L'altro ultrà oggetto di Daspo - notificato in queste ore dalla polizia ai diretti interessati - è Massimiliano Mantice, che con Di Tomaso era stato ripreso sulle recinzioni della curva dell'Olimpico riservata ai tifosi partenopei per la finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli.
Il ministro Alfano ha precisato inoltre che i tifosi che durante Napoli-Cagliari indosseranno la maglietta con scritto "Speziale libero" «saranno individuati e saranno sottoposti a daspo».
Allo stadio San Paolo, nelle due curve, che non sono del tutto piene come avviene di consueto nelle gare interne del Napoli, non ci sono tifosi che indossano magliette pro Speziale, l'uomo che è in carcere per l' omidicio dell' omicidio Raciti. Nelle curve non sono stati esposti striscioni, tranne uno in curva B con la scritta «Siamo tutti Ciro Esposito, fratello non mollare».
Il giro della squadra che mostra la coppa viene accolto con grandi manifestazioni di gioia e di incitamento da parte dei tifosi, anche quelli della curva A, "regno" di Gennaro De Tommaso, soprannominato Genny 'a carogna, protagonista della serata dell'Olimpico ed assente oggi perchè colpito da provvedimento di Daspo.
È stato nuovamente operato nella notte Ciro Esposito, il tifoso del Napoli colpito da un'arma da fuoco prima della finale di Coppa Italia di sabato. L'intervento di chirurgia addominale si sarebbe reso necessario a seguito di un problema ischemico derivante dall'arresto cardiaco subito dal tifoso. L'operazione avrebbe portato alla rimozione di circa due centimetri di colon. «Stamattina va peggio, é stato operato d'urgenza al colon e i medici hanno detto che anche questa cosa può essere preoccupante. La situazione é seria», ha detto Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito. La donna ha anche riferito di essere riuscita a vedere il figlio «solo dopo l'intervento» e ha poi accusato il governo di non aver «speso una parola per Ciro». «Stanno discriminando i napoletani, altrimenti avrebbero speso una parola in più per chi, come noi, in questo momento sta soffrendo», ha aggiunto la madre del ventinovenne, definendo «assurdo il fatto che un altro tifoso del Napoli sia in carcere».
Basta vedere quello che ha fatto la Thatcher con gli hooligans. Punto. Questo bisogna fare. Io non legifero, auspico che questo avvenga».Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, al termine della Giunta, chiede il modello inglese dopo gli incidenti nella finale di Coppa Italia.
Sul fronte repressione la polizia ha avviato la schedatura di tutti i tifosi violenti con la creazione di una banca dati con i dettagli di migliaia di hooligan. Il Public Order Act del 1986 ha concesso nuovi poteri di impedire l'accesso agli stadi a tifosi individuati come violenti o anche solo verbalmente violenti o razzisti. Nel 1989 é stata creata la National Football Intelligence Unit con agenti che viaggiano con i tifosi per monitorare il loro comportamento. Il Football Offences Act del 1991 ha introdotto nuovi reati come gettare oggetti in campo dagli spalti, urlare canzoni offensive o slogan razzisti, o fare invasioni di campo non autorizzate. Gli hooligan possono essere processati per direttissima anche solo per linguaggio offensivo o incitazione all'odio razziale.
Lotito: lo stadio, le curve e gli ultras
''Se Matteo Renzi pensa che le squadre di calcio debbano pagare le spese per la sicurezza delle manifestazioni sportive, deve mettere i club in condizione di realizzare gli stadi di proprietà''. E' questo il senso di una dichiarazione all'Ansa del presidente della Lazio, Claudio Lotito.
«Nelle curve si è creata una zona franca, si deve sapere che c'è spaccio di droga, merchandising falso e prostituzione. Per estirparle occorrono processi per direttissima e tolleranza zero». Claudio Lotito, presidente della Lazio, contestatissimo dagli ultrà biancocelesti, ha spiegato la sua ricetta per estirpare il fenomeno del tifo violento e sottolinea che per questo «il daspo non basta».
«In un Paese civile, fermo restando il comportamento corretto della stragrande maggioranza delle tifoserie, non si può consentire una sorta di moratoria negli stadi dove sono stati catalogati come tifosi dei delinquenti che devono piuttosto essere sottoposti al codice penale», ha proseguito Lotito.
«Per fronteggiare questa situazione serve intanto una fase preventiva, che porti a educare i giovani a riscoprire la cultura della legalità e i valori dello sport - ha spiegato il presidente della Lazio -, attività a cui devono partecipare anche le squadre. Oggi i giovani ricorrono invece alla logica del branco per avere un'identità forte, spesso in contrasto con il sistema».
«In secondo luogo - ha proseguito Lotito - non si può consentire che negli stadi esista una zona franca. Anche i delinquenti sono tifosi e spesso approfittano di questa situazione. Occorre sapere che nelle curve allignano spaccio di droga, merchandising falso e prostituzione. Inoltre si raccoglie la manovalanza per altri atti di violenza che avvengono magari durante manifestazioni per motivi sociali».
«Non si può consentire che esista una zona franca - ha ribadito il presidente biancoceleste -, bisogna applicare le leggi, emanare norme più rigide, avere la certezza della pena e adottare i processi per direttissima. Il Daspo non basta, è una sanzione amministrativa che a certi soggetti non crea alcun problema. Quel che serve è la tolleranza zero».
venerdì 2 maggio 2014
L’Inter di Thohir: la rivoluzione per la conquista del mondo
La rivoluzione di Erick Thohir nei prossimi mesi cambierà radicalmente il volto dell'Inter alla ricerca di un rilancio internazionale. La percezione è che il club nerazzurro, sia davanti alla propria storia e dovrà rimettersi a correre. Nessun sovvenzionatore potrà soccorrerlo. Perché le regole del fair play finanziario prescrivono la creazione di club autonomi e autosufficienti. E perché il magnate indonesiano non ha alcuna intenzione di emulare Massimo Moratti che nei suoi 18 anni di presidente ha staccato assegni per 1, 2 miliardi di euro.
Infatti, la rivoluzione globale di Erick Thohir, è composta da progetti chiari, programmi precisi per riportare l’Inter a competere nel mondo. Tre i punti fermi: riorganizzazione, introiti e disciplina a livello finanziario. Durata del piano: 5 anni. E senza bisogno di cercare nuovi soci. «Ho già dei partner: Massimo Moratti, la sua famiglia e Handy Soetedjo: i soci siamo noi e va bene così» ha chiarito il presidente, che ha aperto l’assemblea dei soci con un lungo applauso, condiviso da tutti, al presidente onorario Massimo Moratti. Confermata la nomina di Grant Ferguson nel cda, l’assemblea ha approvato la costituzione di una nuova società (MediaCo) che si occuperà di media, sponsor e ricavi. «Avremo due compagnie — ha spiegato Thohir —: ognuna si concentrerà sulle sue entrate. Quelle dell’Inter saranno determinate da ticketing, tour, merchandising. Il fatturato della nuova company sarà costituito da diritti tv e sponsorizzazioni. È un piano che è piaciuto alle banche».
Il presidente ha fatto anche il punto sul mercato, o meglio il calciomercato 2.0 è distante come l'Indonesia. E' una gelata programmatica, che nel 2014 funziona ma che poco infiamma l'animo del tifoso. Ha Svelato che Hernanes è stato comprato anche perché il Brasile è un mercato caldo per l'Inter. Racconta che Vidic è stato individuato perché il Manchester United, club di cui ora il serbo è capitano, è tra i primi brand in Asia. Laddove, peraltro, Nagatomo è principe e re del marketing calcistico in Giappone. Sicché il mercato si muoverà pure su questa strada, parallela a quella dei rinforzi utili alla D'Ambrosio. Alla ricerca di testimonial, di nomi conosciuti, riconosciuti, riconoscibili. Nella conferenza stampa di due giorni fa al Westin, a margine dell'assemblea dei soci nerazzurra, Thohir ha spiega la sua idea di calciomercato 2.0. Prendere giocatori dopo scelte di squadra, nel cui team siano compresi anche sponsor e partner. Studiare l'esterno o l'attaccante giusto non soltanto perché segni in campo, ma perché faccia gol anche nei bilanci del futuro. Per questo, indizio buono per noi e per i sogni dei tifosi, guardare alla Premier sarà cosa giusta, così come ad affari con le grandi di Spagna. Arriveranno nomi noti, perché l'Inter vuole espandere presto ed in maniera forte il suo brand. Una strategia vincente, come le grandi straniere insegnano. Walter Mazzarri, invece, deve pensare a nuovi giocatori che vadano bene anche per il marketing. .Se faremo bene nelle ultime tre partite, nella prossima stagione parteciperemo a tre competizione e servirà una squadra completa, siamo consapevoli che è importante avere grandi giocatori, ma dobbiamo essere in salute finanziaria per poterli comprare. Con Mazzarri va bene e poi continuare a cambiare allenatore è negativo».
E per godere di buona salute economica non resta che incrementare il fatturato del club. La media di quello dei primi 15 club europei è di circa 260 milioni l’anno e Thohir è convinto che l’Inter per arrivare a quei livelli una della voci più importanti sia il ticketing. «Abbiamo reclutato una nuova persona che si occuperà della biglietteria e stiamo cercando un responsabile marketing e un responsabile delle sponsorizzazioni internazionali visto che con Infront abbiamo siglato un accordo che riguarda l’Europa, non il resto del mondo. E noi vogliamo siglare accordi in Cina, Sud Est asiatico, Giappone e Australia. Per superare i 200 milioni di fatturato serve sviluppare il settore media, il sito internet, i social network che costituiscono importanti fonti di entrate».
Stando a quanto filtrato si vocifera di un piano di rifinanziamento da circa 250 milioni, che dovrebbero essere utilizzati in primo luogo per sostituire le garanzie prestate personalmente da Moratti (per circa 80 milioni) e le linee di credito aperte presso banche italiane (Intesa Sanpaolo, Bpm e Banco popolare soprattutto) anche attraverso operazioni di factoring (vale a dire di anticipi sui futuri introiti legati ai diritti tv e alle principali sponsorizzazioni), per complessivi 180/190 milioni. In secondo luogo per far fronte alla gestione corrente che brucia 60/70 milioni all'anno.
La sostituzione delle garanzie di Moratti e la chiusura dei vecchi debiti è parte integrante dell'accordo relativo alla cessione del 70% dell'Inter ratificata a novembre, oltre alla ricapitalizzazione già effettuata da Thohir per 75 milioni. L'operazione di rifinanziamento - si è parlato tecnicamente di una secured transaction, tipica forma di prestito garantito da un'attività imprenditoriale diffusa nel sistema Usa – prevede che se il debitore non riesce ad onorare i debiti, i creditori possano rivalersi direttamente sulla società, entrandone in possesso. Sarà quindi l'Inter a garantire l'Inter, come più volte ha rimarcato lo stesso Thohir. Il club nerazzurro dovrà dunque trasformarsi rapidamente in un'azienda capace di realizzare ricavi per oltre 250 milioni (contro i 170 operativi del 2013) e macinare utili (contro un rosso che nel 2013 ha toccato quota 80 milioni). Una scommessa ambiziosa che Thohir e i suoi soci e sostenitori sono convinti di poter vincere.
Iscriviti a:
Post (Atom)